L'INCLUSIONE FINANZIARIA ACCELLERA L'INTEGRAZIONE. IL 66% DEI RISPARMI RIMANE IN ITALIA. AUMENTANO I CONTI NELL'AREA SMALL BUSINESS

26 Nov 2013

Anche l’inclusione finanziaria accelera la partecipazione degli immigrati alla vita sociale ed economica del Paese. Lo attesta l’ultima indagine dell’Osservatorio Nazionale sull’Inclusione Finanziaria dei migranti, che da due anni documenta l’evolversi del rapporto dei nuovi cittadini con le banche. L’Osservatorio è un progetto pluriennale nato dalla collaborazione fra l’Abi e il Ministero dell’Interno, coordinato dal Centro Studi di Politica Internazionale (CeSPI).

I dati parlano di un numero complessivo di conti correnti intestati a cittadini immigrati pari a 1.920.000 unità, che diventano oltre 2,5 milioni di unità considerando anche le carte ricaricabili assimilabili al conto corrente (carte con IBAN e PostePay).

Il processo di inclusione finanziaria non cresce solo in termini quantitativi, ma anche in termini qualitativi. Il rapporto banca-migrante sembra infatti consolidarsi e rafforzarsi negli anni con ritmi molto significativi, indice di un processo di integrazione che procede speditamente, una volta avviato. La percentuale di correntisti che possiedono un conto presso la propria banca da più di 5 anni cresce infatti, nei due anni di indagine dell’Osservatorio, dal 22% al 34%. Passando dal singolo individuo alla famiglia, circa una famiglia su quattro ha più di un conto corrente presso istituzioni diverse.

Si evolvono i bisogni finanziari e con questi il grado di utilizzo dei diversi servizi e prodotti bancari, che vedono al primo posto i servizi di pagamento e di gestione della liquidità. Ma cresce anche il ricorso alla multicanalità e a strumenti come l’internet banking.

Un correntista immigrato su tre ha un rapporto “evoluto” con la banca. In tre anni questa fascia di clientela è raddoppiata. Il cliente “evoluto” utilizza almeno 6 prodotti bancari, è prevalentemente uomo (60%), sposato o comunque convivente (80%), con una età compresa fra i 35 e i 55 anni (61%), residente in Italia da almeno 14 anni (dato medio) e con un profilo di istruzione alto (il 43% ha un titolo di scuola superiore e il 37% un titolo universitario).

I drivers principali che guidano il processo di evoluzione verso profili finanziari più evoluti sono primo fra tutti il contesto territoriale, che gioca un ruolo decisivo, a cui seguono fattori legati all’anzianità migratoria, al profilo professionale, al grado di istruzione, al genere e allo status familiare. La nazionalità non appare invece essere un fattore che conti.

Crescendo in termini di “maturità” finanziaria, cresce anche il livello di informazione e di consapevolezza e di conseguenza la mobilità all’interno del sistema bancario: il 30% dei correntisti ha avuto rapporti con banche diverse da quella attuale e solo un terzo legato ad un trasferimento geografico.

Mentre rimane alto il grado di soddisfazione verso le banche italiane, si modifica la percezione della banca. Quattro anni fa la banca era prevalentemente un luogo sicuro dove riporre il risparmio e accedere al credito, oggi diviene prima di tutto un consulente per le proprie esigenze.

Rispetto ai prodotti assicurativi l’11% della popolazione immigrata bancarizzata è detentrice di una polizza assicurativa. In maggioranza si tratta di polizze RC auto (74%), ma cresce l’interesse verso altre forme.

Il Secondo Report fornisce una serie di informazioni chiave per comprendere l’evoluzione del più ampio processo di integrazione economica dei cittadini immigrati, di cui l’inclusione finanziaria è parte integrante.

Mediamente il campione rileva un’anzianità migratoria elevata: poco più di 9 anni, dei quali

circa un anno e mezzo vissuti in situazione di irregolarità (dato medio

I percorsi di ricongiungimento familiare che hanno caratterizzato i processi migratori di questi ultimi anni hanno contribuito a formare un tessuto sociale di riferimento per la maggioranza dei migranti residenti: quasi la metà è infatti sposato o convive con il proprio partner in Italia e nella maggioranza dei casi gli intervistati hanno un figlio sia in Italia e sia nel proprio paese di origine.

L’acquisto di un’abitazione costituisce un investimento importante, di medio-lungo termine, che richiede un certo livello di reddito e di inserimento lavorativo e può quindi essere utilizzato come indicatore del livello di assicurative (50% degli intervistati). La crisi economica, infine, conferma i suoi effetti sul comparto del credito, nonostante si evidenzi una ripresa del credito per l’acquisto di abitazioni.

Il 18% del campione è proprietario di un’abitazione, mostrando un incremento significativo

rispetto al 2008 quando la percentuale rilevata era al 12,5%.

Da un punto di vista lavorativo il 69% del campione risulta occupato in modo continuativo e il 44% con contratto a tempo indeterminato. Solo il 16% dichiara di lavorare in nero.

La destinazione del risparmio, fra esigenze legate al processo di integrazione in Italia, al sostegno alla famiglia e alle opportunità di investimento nel paese di origine, mostra una chiara preferenza per il nostro paese. Il 66% del risparmio dei migranti viene infatti destinato, a vario titolo, in Italia.

Ma il fenomeno più rilevante, strettamente interconnesso all’integrazione economica e sociale, strumento di mobilità sociale per eccellenza, riguarda l’imprenditoria a titolarità immigrata. Nonostante la crisi il saldo netto di imprese a titolarità immigrata in Italia fa registrare, nel 2012, un saldo netto positivo di oltre 24.000 unità, portando il peso dell’imprenditoria cosiddetta immigrata all’8% sul totale dell’imprenditoria italiana. Un fenomeno in costante crescita che naturalmente si riflette anche nel rapporto con il sistema bancario. Se nel

2009 erano poco meno di 30.000 i conti correnti bancari intestati a cittadini immigrati che

appartenevano al segmento small business (elemento caratterizzante una forma di impresa finanziariamente più evoluta), nel 2011 la cifra si è arrivata a quasi 44.000 conti (+47%).

Si tratta di un universo molto variegato, caratterizzato da un’elevata eterogeneità nella struttura giuridica, nei settori di impiego e nella dimensione.

Il secondo anno di attività dell’Osservatorio ha però concentrato la sua attenzione sull’impresa a titolarità immigrata di tipo evoluto e sulle sue potenzialità nel sostegno ad un sistema produttivo prevalentemente caratterizzato da una dimensione medio-piccola d’impresa, come quello italiano.

Nei territori di Milano, Bergamo, Brescia e Roma, presi in considerazione dall’Osservatorio sono più di più di 3.600 le imprese di questo tipo, mediamente impiegano 15 dipendenti, dando lavoro anche a personale italiano e sono nate in prevalenza prima del 2007. (abstract, comunicato stampa)

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