MODENA. LO SCANDALO OASI: CIE NEL CAOS. A CHI TOCCA FAR RISPETTARE LE REGOLE?

27 Mar 2013 sciopero,

 

di Fabio De Santis

 

Il CIE di Modena è sempre di più nell’occhio del ciclone. Alle rivendicazioni dei lavoratori per gli stipendi, nelle scorse settimane si sono aggiunte quelle dei sindacati di polizia, che lamentano un eccessivo carico di lavoro, a causa dei tagli alle forze di polizia, e chiedono la chiusura del Centro. Il clamore degli ultimi mesi, e le vicende del CIE di Bologna, hanno indotto la Garante regionale per i diritti umani Desi Bruno ad ispezionare il Centro di Modena, dalle cui dichiarazioni post vistita emerge un quadro poco confrontante, un peggioramento delle condizioni degli ospiti, con riferimento esplicito alla qualità dei pasti.

Ma il fronte degli interessati alla vicenda si allargato anche sul piano istituzionale, con le preoccupazioni espresse dal Sindaco di Modena Giorgio Pighi, in una nota stampa di tre settimane fa e da un intervento di alcuni consiglieri provinciali del Partito Democratico, dove viene richiesto alla Provincia di occuparsi della vicenda.

In occasione delle ultime due giornate di sciopero del 13 e 14 marzo, proclamate dalla Funzione Pubblica Cgil, una delegazione di sindacalisti e lavoratori ha incontrato, il giorno 13, una rappresentanza parlamentare del PD, composta da Davide Baruffi e Stefano Vaccari, i quali hanno assicurato un impegno diretto nella vicenda. Il punto è capire perché lo Stato affida i centri di identificazione ed espulsione con risorse che non coprono i costi gestionali. È il cuore del problema.

Decisivo è stato l’incontro del 14 con il Prefetto di Modena, il quale ha accolto la richiesta del sindacato di pagare direttamente gli stipendi ai lavoratori. Il 20 marzo la Prefettura ha effettuato i bonifici ai dipendenti del Consorzio L’Oasi riconoscendo tutte le mensilità arretrate.

Siamo di fronte ad una svolta? Certamente questo era il primo passo da fare. I lavoratori negli ultimi quattro mesi hanno percepito una sola mensilità, peraltro pagata per metà dalla stessa Prefettura. Una condizione insostenibile per i bilanci dei lavoratori che guadagnano 1000 euro al mese. Ma è difficile parlare di svolta.

Restano tutte le perplessità per un appalto e per un’azienda che non rassicurano per il futuro. Il Consorzio L’Oasi non ha dato prova di essere in grado di fornire la liquidità necessaria per gestire un appalto con la Pubblica Amministrazione. È pur vero che il Ministero dell’Interno non ha ancora corrisposto il dovuto al Consorzio; è anche vero, però, che il Consorzio è andato in crisi con i pagamenti già all’inizio della gestione, quando il ritardo dei pagamenti da parte dello Stato non esisteva ancora. È un mantra che funziona fino ad un certo punto in questa vicenda. E se è vero che i 29,10 euro giornalieri per ospite previsti dalla convenzione non coprono i costi gestionali, viene da chiedersi come farà il Consorzio a rispettare le norme previste dalla convenzione e dal contratto nazionale se, pur ricevendo i soldi dallo Stato, dovrà rimetterci risorse proprie?

Inoltre, le tesi giustificazioniste in favore de L’Oasi lasciano il tempo che trovano, quando siamo di fronte ad altre infrazioni quali le irregolarità nel Durc, il Documento unico di regolarità contributiva. Inadempienza grave per il Codice degli appalti. Aggiungiamo che non è certo colpa del Ministero se il Consorzio ha continuamente raccontato frottole alla Prefettura, ai lavoratori, al sindacato in merito ai tempi di pagamento. Né il Consorzio si è lasciato sfuggire l’occasione di dimostrarsi inattendibile quando nel mese di gennaio è improvvisamente sparito il Direttore del Centro (è il secondo che sparisce all’improvviso), lasciando sguarnita la struttura per due mesi, fino ad arrivare ad un’altra nomina, dopo averne comunicata una non dimostrata nei fatti.

C’è la forte sensazione che questa vicenda non si indirizzerà presto nel giusto binario, perché, al momento, manca la volontà del Ministero e della Prefettura di rimediare al loro errore originario. Sono loro stessi ad avere determinato una situazione di questo tipo, consegnando il CIE attraverso un capitolato d’appalto insostenibile. Non è un caso che sia a Modena che a Bologna l’unica azienda che ha risposto all’invito delle rispettive prefetture sia stato il Consorzio L’Oasi.

Questa vicenda ingigantisce ulteriormente il dubbio di coloro che sostengono che i cie non siano realmente la risposta adatta al problema dell’identificazione degli immigrati senza documenti. A quanto pare è lo Stato stesso a metterne in discussione la validità, tagliando risorse per il 60% e non fornendo le condizioni minime affinché i cie vengano gestiti in sicurezza e in relativa tranquillità. Insomma, se i cie sono la risposta al problema bisogna metterli in condizione di funzionare adeguatamente, altrimenti si chiudono. Invece operazioni di tagli di questo tipo gravano ulteriormente su dei servizi già discutibili dal punto di vista umanitario e vengono, di conseguenza, consegnati ad aziende che ritengono di poterle gestire nell’infrazione delle norme sul lavoro.

Una bella contraddizione per un ministero che ha il compito di far rispettare la legge. Uno svarione a cui qualcuno, a breve, dovrà porre rimedio.

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