NE ABBIAMO SALVATI 47

14 Ott 2013

 

Pubblichiamo ampi stralci di una testimonianza arrivataci da Lampedusa

 di Sharani Bonaccorso

Mi sono ritrovata a essere protagonista della storia che riguarda questa piccola terra tra l’Africa e l’Europa e che da anni vede Lampedusa sotto i riflettori.

Evidentemente ciò che è successo fino ad ora non è servito se ancora oggi si ripetono tragedie come questa.

Una barca in avvicinamento, lunga 20 metri. 500 persone a bordo, uomini e donne al di sotto dei 35 anni e bambini.

E’ buio e il mare è piatto. Uno di quei giorni in cui non c’è vento e non c’è luna. Il cielo stellato è denso e noi ne godiamo comodamente dalla barca ormeggiata alla tabaccara.

La nottata è tranquilla e il risveglio lento, ma diverso dal solito. Alessandro è all’erta, a poppa. Sente dei rumori strani, e non sono uccelli come tutti noi intorno ipotizziamo.

Ci muoviamo proprio al sorgere del sole e quando con attenzione guardo il mare mi rendo conto che quei tre punti neri che vedo, con gli occhi ancora assonnati, non sono berte ma teste. Ci avviciniamo. Sono in 3. Uno alza il braccio… sono ragazzi, africani, e i sibili strani erano richieste deboli di aiuto. Loro in mare da più di 3 ore, un po’ nuotando e un po’ spinti dal leggero scirocco si erano avvicinati alla costa e riuscivano a vedere la nostra barca che riposava in rada.

Ci avviciniamo ai 3, li tiriamo su. Sono infreddoliti. E unti.

Alziamo lo sguardo. Ancora altre teste, tante. Punti in mezzo al mare…più o meno vicini…

Ci rendiamo conto della gravità della situazione e chiediamo aiuto via radio. Siamo in otto in barca, tutti amici, abituati insieme a vivere il mare dunque. Con poche disposizioni, anche se la situazione che ci si presenta davanti è totalmente sconosciuta, ci muoviamo.

Riusciamo a raggiungere e far salire a bordo 47 persone, 46 ragazzi e 1 ragazza.

Questa la procedura: individuazione in mare, avvicinamento, lento, per la paura di travolgere qualcuno.

Il salvagente viene buttato in mare e i ragazzi tirati su di peso. E si riparte.

Li copriamo con tutto ciò che abbiamo in barca, diamo loro da bere e cerchiamo di dare loro un posto che non sia di intralcio per le operazioni.

“Ancora 2 da quella parte”..ma uno è talmente stremato da non riuscire neanche ad aggrapparsi al salvagente. Marcello non ci pensa un attimo e si tuffa in suo aiuto. E l’unica ragazza, anche lei a galla per miracolo, è assistita invece da uno di loro, il primo che abbiamo tirato su a bordo, giovane e forte. Li rassicura, i ragazzi ancora in mare. “Siamo qui, è tutto finito”, li abbraccia quando, ancora grondanti, iniziano a piangere. Finalmente adesso sono al sicuro, finalmente la paura può prendere il sopravvento, finalmente un po’ di calore.

Qualcuno di loro è veramente esausto. Molti sono nudi. Tutti giovanissimi. Si confortano a vicenda, si aiutano, ma hanno ancora lo sguardo perso nel vuoto, in quel mare nero che li ha accolti come una culla e che li ha accompagnati fino a noi.

La loro barca è affondata durante la notte a un miglio dalla costa. Dai loro racconti la barca era ferma e alcuni pescherecci sono passati molto vicino senza vederli…..forse……dunque qualcuno ha acceso una torcia con degli stracci per creare una luce e cercare di essere avvistati ma il piccolo fuoco si è allargato sull’imbarcazione e la paura li ha fatti spostare tutti da un lato così da provocare l’inclinazione su un lato e l’affondamento.

La guardia costiera è arrivata dopo 50 minuti dalla nostra prima chiamata, mentre un peschereccio e un motoscafo che erano in zona e hanno sentito il nostro SOS si sono subito mossi ….

(…) Rientrati in porto abbiamo consegnato i ragazzi agli operatori di “Lampedusa Emergenza” e ai medici.

Abbiamo ormeggiato la barca ancora sotto choc e abbiamo affidato il recupero ai mezzi di competenza ,ma a quel punto molti erano già cadaveri galleggianti, quei 111 che ce l’avevano quasi fatta.

I 155 sopravvissuti li abbiamo incontrati, durante una cerimonia straziante alla presenza delle bare, e un gruppetto ci ha riconosciuto e ci è venuto incontro. Gli abbracci tra le lacrime sono stati un ringraziamento alla vita.

 

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