03 Lug 2013 coop estense, mobilitazione,
Modena, 3 luglio 2013
Il Parlamento ha iniziato una opportuna revisione della pessima legge che ha introdotto, unico caso in Europa, una totale deregulation degli orari del commercio.
Il danno di questa operazione, richiesta da alcune insegne della grande distribuzione, è stato più volte esaminato: meno occupazione, più precariato, innalzamento dei prezzi. Sono dati, non “impressioni” di qualche sindacalista !
Anche nelle catene commerciali modenesi cala in modo preoccupante l’occupazione diretta, mentre cresce in modo incredibile il precariato, come dimostrato dal migliaio di lavoratori interinali che hanno lavorato per la sola Coop Estense nel 2012.
Sotto la spinta della mobilitazione che ha visto tra i protagonisti anche lavoratori e sindacato, i diversi progetti di legge sul commercio, sia di maggioranza che di opposizione, tendono a ricostruire un quadro di regole, riaffidando un ruolo agli Enti Locali.
A questi progetti di Legge dovevano pensare i consiglieri d’Amministrazione di Coop Estense, che ieri hanno prodotto un comunicato stampa singolare.
Singolare perché da un lato si ammette che gran parte delle vendite domenicali altro non è che il trasferimento di vendite fatte in precedenza dal lunedì al sabato.
Singolare perché presenta incrementi poderosi di vendite la domenica, senza ricordare che ciò è dovuto quasi esclusivamente alle promozioni artificiosamente concentrate in quella giornata.
Ma soprattutto singolare perché si contrappone la eventuale re-introduzione di regole a un calo dell’occupazione, e nel caso, Coop Estense presenterebbe un conto di ben 141 licenziamenti.
Centoquarantuno tempi pieni, che per gli standard di un’azienda che assume soltanto part-time vorrebbe dire circa 300 licenziamenti.
Dai dati in nostro possesso, le uniche assunzioni fatte in Coop Estense negli ultimi 18 mesi sono ancora solo i 50 part-time assunti in Emilia nei primi mesi del 2012, contro le oltre 100 uscite per pensionamenti e dimissioni.
Questa è per noi la dimostrazione che le aperture domenicali non stanno portando il saldo occupazionale a valori positivi.
Tornare alle regole non vuol certo dire chiudere sempre la domenica, visto che fino al 2011 erano circa 14 le domeniche aperte per ogni singola struttura commerciale.
Tornare alle regole vorrebbe però dire restituire dignità alla vita di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori del commercio ed alle loro famiglie.
Ma vorrebbe anche dire migliorare i bilanci delle aziende del commercio, comprese quelle cooperative, dove soci e consumatori alla fine del mese fanno i conti con un maggior costo della vita sul quale pesano anche alcuni eccessi ideologici, quali ad esempio “aperti sempre”.
Filcams/Cgil Modena