PROCESSO AI SINDACI KURDI: L’UDIENZA DI OGGI

20 Ott 2010

Diyarbakir (Kurdistan turco), 20 ottobre 2010 –  Stamattina “sostituisco” l’avvocato Simonetta Crisci del Forum Giuristi Europei (indisposta) ed entro nel zig-zag labirintico dei controlli che porta all’aula “bunker” del tribunale di Digorbakz, appositamente costruito nel cortile interno del palazzo di giustizia.

L’ingresso nell’aula, grande come una palestra, ti lascia l’impressione immediata e secca di dover assistere ad una corte marziale militare, anziché ad un “normale” processo. Ma questa corte non funziona come una normale corte penale d’Europa.

Gran parte dell’aula è occupata dai 151 imputati, seduti in 2 settori distinti fra uomini e donne (ed almeno una ventina di ragazze), circondati da uno stretto cordone di militari in armi che, incuranti del rito processuale, ostentano un marziale cambio della guardia ogni trenta minuti esatti. Da non credere.

L’area riservata al pubblico, ai famigliari e agli osservatori internazionali, è ristretta su 3 file di sedie, controllata più semplicemente da polizia. Uno di essi si presenta bonariamente dicendomi complice: “W Totti”.

Entrando, il sindaco di Sur (300.000 abitanti) Abdullah Demibas, mi risponde al saluto e sorride lievemente, mentre il procuratore dell’accusa legge con un monotono distacco le prime delle 900 (novecento!) pagine dell’atto di imputazione.

Ci raggiunge l’avvocato Erbas della difesa, un rinomato avvocato di Istanbul, e ci spiega la tattica della procura: un interminabile lettura – forse quattro intere sedute – di 900 pagine per “stancare” il collegio difensivo, aspettare la partenza degli osservatori europei e poi concludere con la burocratica richiesta delle condanne, peraltro già pronunciate: ergastolo per 10 imputati; dai 15 ai 35 anni per altri 25; dai 5 ai 15 anni per altri 35; dai 3 ai 5 anni per i rimanenti imputati.

Dalla lettura del procuratore che procede incessante, si spiegano le accuse di sovversione contro lo Stato, in particolare per i Sindaci, consistenti in abuso di atti per minare l’integrità della lingua dello Stato turco; un’interminabile citazione di contatti mail ed Internet con cittadini kurdi fuoriusciti in diversi paesi europei, Italia compresa.

Queste attività portano, secondo l’accusa, alla diretta connivenza o sostegno propagandistico ai terroristi del PKK.

Il paradosso del sistema giudiziario turco è che il procuratore dell’accusa partecipa alle decisioni del collegio del tribunale!

Ulteriore complicanza si è verificata stamattina all’apertura della seduta. All’appello, gli imputato rispondono in lingua kurda e il procuratore insorge, annunciando il deposito di un’ulteriore denuncia per oltraggio ed intralcio alla giustizia!

E’ una sfida drammatica che solo il governo, rinnovando o rendendo libera la magistratura, potrà risolvere ed avviandosi finalmente sulla strada che avvicinerà all’Europa.

 

Franco Zavatti, osservatore internazionale ONG pacifiste e per i diritti delle minoranze presenti a Diyarbakir (Kurdistan turco)

 

 

 

 

SECONDO GIORNO DEL PROCESSO AI SINDACI KURDI

Diyarbakir (Kurdistan turco), 19 ottobre 2010 – Anche questa seconda giornata di processo ai 151 dirigenti e sindaci kurdi, si è svolta come ieri (ndr. lunedì 18 ottobre) con lo strettissimo blocco dell’intera zona centrale della città e un controllo di polizia eccessivo e pesante. I nostri avvocati sono entrati in tribunale e sono stati ammessi ad assistere anche alla seconda giornata di udienza.

La nostra delegazione ha ottenuto un risultato importante e significativo dell’attenzione internazionale ed europea che arriva a farsi sentire anche in questa lontana area del mondo: il collegio di difesa dei sindaci ha presentato l’istanza di acquisizione agli atti del processo degli ordini del giorno e pronunciamenti espressi dalla Lega Nazionale delle Autonomie Locali, da alcune Province – fra cui quella di Modena – e da numerosi Comuni Italiani.

La Corte, dopo consiglio, ha accolto la richiesta all’unica condizione che fossero tradotti in lingua turca. Dopo un intenso lavoro della nostra interprete, un pezzo di diritto civile e costituzionale europeo è entrato negli atti di un processo che appare sempre più come una prova molto ardua anche per una Magistratura molto asservita al Governo come quella turca.

L’eco e la rilevanza della presenza qui a Diyarbakir – dentro e fuori dal tribunale – delle delegazioni di osservatori europei, si ricava dalla notevole attenzione dedicata da quasi tutta la stampa di oggi, ai fatti di ieri (ndr. lunedì 18 ottobre) e alle ragioni del processo contro i sindaci eletti dai loro cittadini, che non vogliono rinnegare identità e storia.

A tale proposito, un altro fatto clamoroso e senza precedenti, anche negli innumerevoli processi politici degli ultimi anni, è che in questi 2 giorni di udienza, i sindaci kurdi rispondevano alle domande nella loro lingua nazionale kurda. Sconcerto e sospensione delle udienze. Si vedrà domani (ndr. oggi per chi legge) come la Corte intenderà dipanare una matassa sempre più ingarbugliata.

Stasera l’abbiamo passata con 3 dei sindaci imputati, una donna è sindaco di Huladere. Raccontano fatti e storie di soprusi, violenze e sofferenze, come spesso abbiamo ascoltato in questi anni di vicinanza alla causa kurda.

Ciò che però emerge di nuovo, nei loro discorsi e nel ringraziare la nostra presenza, è la novità di un’attenzione che viene dall’Europa: non solo quella delle ONG e della solidarietà, ma anche quelle delle istituzioni locali.

Processare tanti kurdi a causa di una lingua che non si può scrivere e parlare, supera un segno insostenibile. Lo ha ben colto il sindaco di Diyarbakir all’uscita dal tribunale, parlando brevemente alle migliaia di cittadini raccolti nella piazza del municipio: “insieme a noi, si vuole processare tutti voi, un popolo che non chiede l’autonomia e la separazione dallo Stato, ma solo il riconoscimento di esistere.

 

 Franco Zavatti, osservatore internazionale ONG pacifiste e per i diritti delle minoranze presenti a Diyarbakir (Kurdistan turco)

 

 

Diyarbakir (Kurdistan turco), 18 ottobre 2010

 PARTE IL PROCESSO DELLA TURCHIA AI SINDACI KURDI. CORRISPONDENZA DI FRANCO ZAVATTI, OSSERVATORE INTERNAZIONALE ONG PER I DIRITTI UMANI DELLE MINORANZE ETNICHE E LINGUISTICHE

 

 

Abdullah Demirbas, sindaco di Sur, una municipalità di 300.000 abitanti, è citato in questo processo per aver sostenuto che gli atti della sua amministrazione fossero scritti in tre lingue. E così per Firat, Budak, Adalag e la dozzina di sindaci kurdi anche loro a rischio di rimozione e condanna con l’accusa di atti sovversivi contro l’unità dello stato turco.

Ogni atto di identità per un popolo che qui – in questa regione sud orientale della Turchia che si estende fino alla Serbia e all’Iraq – rappresenta parecchi milioni di cittadini e una storia centenaria, viene represso duramente.

Legla Guven, sindaco di Kiransheir, ha inoltre la colpa di organizzare la dignità delle donne ed è membro del Consiglio Europeo delle Regioni e delle Municipalità. Per questo era giusto che oggi insieme agli osservatori internazionali, ci fosse un rappresentante ufficiale dell’Europa.

L’Europa ha scritto una protesta e delle raccomandazioni per il governo del partito islamico turco, ma era meglio essere qui.

La presenza internazionale in questi processi contro i sindaci è molto apprezzata dagli accusati, dalle loro famiglie e dalle organizzazioni per i diritti civili. Ma è visibilmente temuta dalle corti giudicanti che si sentono osservate per procedimenti del tutto estranei al diritto internazionale ed alla Carta europea.

La presenza degli Osservatori ha pure fermato la mano alla repressione militare e poliziesca, già pronta a scattare fin da stamattina, con uno spiegamento di forze davvero impressionante e sproporzionato.

Negli ultimi mesi, in assenza di occhi europei, sono una decina i morti a causa della repressione qui in città, e decine i villaggi evacuati e bruciati.

D’altra parte, il caos di queste ore in queste strade intorno al tribunale ed al municipio, non cancella il rumore secco degli aerei in decollo per andare in “missione” sul confine caldo con l’Iraq.

E’ strano sentire questi Sindaci e i loro avvocati parlare dell’Europa e del rispetto per le autonomie regionali. Conoscono meglio loro, a confronto di tanti di noi, gli statuti per le autonomie del Trentino e della Valle d’Aosta o della Catalogna e, dicono, è solo questo che rivendicano per il loro futuro ed una pace che arriverà solo con il nostro sostegno.

  

 

 

 

Franco Zavatti, osservatore internazionale

 

 

 

Diyarbakir (Kurdistan turco), 18 ottobre 2010. Corte penale, processo ai sindaci kurdi, in questa e nelle immagini seguenti lo spiegamento di forze armate
Diyarbakir (Kurdistan turco), 18 ottobre 2010. Corte penale, processo ai sindaci kurdi, in questa e nelle immagini seguenti lo spiegamento di forze armate
Diyarbakir (Kurdistan turco), 18 ottobre 2010. Corte penale, processo ai sindaci kurdi, in questa e nelle immagini seguenti lo spiegamento di forze armate
Diyarbakir (Kurdistan turco), 18 ottobre 2010. Corte penale, processo ai sindaci kurdi, in questa e nelle immagini seguenti lo spiegamento di forze armate

 

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Modena, 11 ottobre 2010

OSSERVATORI IN KURDISTAN AL PROCESSO CONTRO I SINDACI. DUE MODENESI NELLA DELEGAZIONE INTERNAZIONALE 

 

 

Il prossimo 18 ottobre si aprirà, presso la Corte Penale di Diyarbakir (Kurdistan turco) un altro processo contro numerosissimi Sindaci, ex parlamentari e dirigenti kurdi – molti di questi in stato di arresto da mesi, in attesa del processo – denunciati per reati contro “la turchità dello stato”.

L’ennesimo processo politico, contro tanti rappresentanti – democraticamente eletti – del popolo kurdo: una “minoranza” di dieci milioni di cittadini che vivono nella regione sudorientale della Turchia.

Una popolazione per un “Paese che non c’è” e che ufficialmente non può scrivere nella propria  lingua: da qui, le aberranti accuse ai Sindaci di agire contro “l’integrità dello stato e l’unicità della lingua”!

L’Unione Europea, nonostante le timide aperture e correzioni alla Costituzione – approvate col recente referendum – considera ancora lontana l’ammissione della Turchia.

Di nuovo, la lunga strada europea per la Turchia, passa e si ferma a Diyarbakir, dopo gli innumerevoli processi che – negli ultimi tre anni – hanno colpito molte centinaia di amministratori eletti, dirigenti dei disciolti partiti e perfino centinaia di ragazzi minorenni, accusati di appoggiare il separatismo e la violenza .

Ancora una volta,una delegazione di giuristi europei, osservatori internazionali di ONG pacifiste e sostenitori dei diritti umani per le minoranze etniche e linguistiche, tenteranno di essere presenti nell’aula del processo, per vigilare e segnalare con forza la presenza dell’Europa civile e democratica, contro l’abnormità giuridica e costituzionale di quei processi in aperta violazione della Carta Europea.

Fra essi due modenesi.

Franco Zavatti della CGIL e Daniele Stefani assessore del Comune di Spilamberto, portatori di alcune significative iniziative di sostegno: un documento di solidarietà del Consiglio Provinciale; una nota di solidarietà e di monito alle autorità turche da parte della Lega Nazionale e Regionale Emilia Romagna per le Autonomie Locali; un congruo numero di “adozioni a distanza” per bambini, figli di alcuni fra le migliaia di detenuti politici o patrioti “scomparsi” in questi ultimi anni nella regione kurda.

Il folto gruppo di 151 persone che sarà processato il prossimo 18 ottobre, è composto da 81 rappresentanti di associazioni kurde, messi in “stato di fermo” lo scorso 24 dicembre 2009 e fra essi, 19 amministratori e 9 sindaci eletti ed in carica, posti in stato di arresto.

Sono accusati di “separatismo”, di “abuso di potere” e “mancata tutela della lingua turca”, avendo adottato atti pubblici, scritti in plurilingue: turco, siriaco e kurdo (le lingue diffuse e parlate fra quelle popolazioni).

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