PROCESSO AI RAGAZZINI KURDI

19 Nov 2009

Dijarbakir, 19 novembre 2009

 

 

L’avvio del processo è previsto per stamattina. Anzi, sono previsti numerosi procedimenti, tutti dello stesso tipo, che vedono imputati adolescenti e ragazzini dai 13 ai 17 anni, detenuti in carcere da molto tempo.

In Turchia è grave reato la propaganda pubblica a sostegno dei diritti del popolo kurdo. Così, qui, in territorio kurdo, sono circa 1.500 i minori in galera, per aver partecipato a cortei, gridando slogan vietati, o per aver tentato di fuggire al fermo di polizia, o reagito alle cariche con lancio di sassi.

Questo dei processi è “il fronte interno”, accanto alla guerra reale e quotidiana che l’esercito turco combatte di qua e di là del confine iracheno. Sono migliaia i detenuti politici e tanti gli “scomparsi”.

Oggi è il turno dei processi ai minori.

Siamo qui giuristi e avvocati, rappresentanti di associazioni democratiche italiane ed europee, come delegazione di “osservatori” per seguire dal vivo queste gravi iniziative giudiziarie in un Paese che chiede l’ingresso in Europa, mentre l’Europa stigmatizza e non può accettare tali iniziative.

Sin dal mattino si capisce subito che la presenza di giuristi e osservatori stranieri nei corridoi di questo squallido palazzaccio di giustizia a Dijarbakir, rappresenta un fatto che – seppur preannunciato – scuote il tran-tran dei procuratori. Le udienze vengono spostate al pomeriggio.

Lo scenario che vediamo è sorprendente. Lungo questi corridoi bassi e scuri, oltre a tanto dispiegamento di forze in armi, vediamo che pian piano si ammassano decine, e poi centinaia di giovani, donne e uomini venuti per veder come andrà a finire: sono studenti, amici dei ragazzini che non vedono da sette mesi, famigliari e parenti, vicini di casa.

Ci riuniamo nella saletta degli avvocati e ci riassumono le linee della difesa, oltre a rammentarci l’abnormità della situazione giudiziaria e costituzionale per le minoranze etniche e per i minori, appunto. Qui non esistono carceri minorili e processo per i ragazzini minori. Tutto procede drammaticamente come fossero adulti e fuorilegge incalliti.

La notizia del rinvio al pomeriggio, consente a decine di padri, madri, studenti e amici dei ragazzini in carcere, di stringersi a noi e raccontarci i fatti come sono andati. E tante altre storie simili a queste.

Nell’aprile scorso, durante una grande manifestazione in piazza per festeggiare gli ottimi risultati ottenuti alle elezioni amministrative dalla lista dei candidati kurdi, l’esercito spara e uccide due persone.

La tensione che segue è altissima. Nei giorni successivi si susseguono le proteste degli studenti che vengono duramente represse con gas e idranti. Trenta vengono arrestati e oggi iniziano i processi. Per alcuni di loro il Procuratore ha chiesto 13 anni di carcere. Uno di loro non può essere presente in aula, perché in carcere ha avuto un timpano sfondato e fratture alle gambe.

Si apre l’udienza in un’aula poco più grande del mio salotto: oltre alla Corte, conto ben 22 gendarmi che controllano l’ordine stringendo gli imputati: due ragazzi di 16 anni e un altro di 15, colpevoli di aver lanciato sassi sfuggendo alla cariche di polizia.

In pochi minuti i ragazzi confermano la loro verità, poi la testimonianza dei militari che li hanno arrestati, e clamoroso, uno non li riconosce!

Dopo una veloce e appassionata difesa degli avvocati, la Corte si ritira.  A questo punto il racconto si fa grottesco.

Dopo mezz’ora c’è la decisione, un cancelliere anticipa agli avvocati che tutto è andato bene, i ragazzi saranno liberi.

Si scatena la gioia e la felicità: centinaia di applausi e i tradizionali la-la-la urlati dalle donne in festa.

Una tragica farsa? Non è così. Cengiz, Velat, Kufbettin usciranno con le manette e una scorta agguerrita. La sentenza è rinviata al 30 dicembre. C’è una rabbia e un dolore che improvvisamente gelano quei corridoi e mi fanno temere per domani.

 

Franco Zavatti

inviato nel Kurdistan turco con la delegazione di osservatori europei per assistere all’avvio del processo penale contro un gruppo di bambini kurdi accusati di terrorismo contro lo Stato turco.

 

 

 

 

Modena, 17 novembre 2009

OSSERVATORI IN KURDISTAN PER PROCESSI CONTRO BAMBINI 

 

 

 

 

Una delegazione del “Forum Europeo di Giuristi Democratici” si recherà dal 18 al 22 novembre 2009 nel Kurdistan turco per assistere, come “osservatori”, all’avvio del processo penale contro un gruppo di bambini kurdi accusati di terrorismo contro lo Stato turco.

Sono circa ottocento i ragazzini e adolescenti, di età che va dai 13 ai 15 anni, portati dalle carceri alle aule dei tribunali per rispondere di “..terrorismo e/o sostegno ad organizzazioni terroristiche..”, colpevoli di aver lanciato sassi, o avere il volto coperto, o essere sfuggiti al fermo di polizia, nel corso di manifestazioni per la libertà dei kurdi.

Venerdì 19 a Diyarbakir, città all’estremo oriente della Turchia, verso il confine siriano-iracheno, e “capitale virtuale” del Kurdistan turco, si apre il processo contro Cengiz Gaysak, un ragazzino di tredici anni, attualmente in carcere duro (assieme ad altri) con l’accusa di sostegno ad un’organizzazione terrorista (il PKK curdo).

” I bambini non possono essere trattati come terroristi “. E’ quanto sostiene la Corte Europea e la Convenzione ONU sui diritti dei bambini. Ed è proprio sul pieno rispetto dei diritti umani delle minoranze etniche che la speciale Commissione europea sta tenendo sotto attenta osservazione la Turchia e, di fatto, ne sta bloccando il percorso di avvicinamento e l’ingresso in Europa.

Al gruppo degli Osservatori Giuristi si unirà anche Franco Zavatti della Cgil di Modena, che coglierà l’opportunità del viaggio per incontrare l’Associazione kurda “Madri per la pace” e consegnare le somme relative alle adozioni a distanza per le famiglie dei prigionieri politici e degli scomparsi kurdi, sottoscritte da alcune strutture territoriali del sindacato modenese.

Chi volesse aderire alla campagna delle adozioni a distanza può contattare la onlus sul sito www.versoilkurdistan.it.

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