31 Mar 2014
di Vincenzo Intermite
In una fase della storia del mondo occidentale nella quale gli ingressi di persone provenienti dalle più diverse parti del mondo diventano sempre più numerosi tanto da divenire parte della nostra quotidianità e, al contempo, pongono problemi di accoglienza, integrazione, coesistenza con le popolazione autoctone, diventa ineludibile la necessità che l’informazione dia una rappresentazione dei migranti corretta, veritiera e rispettosa della loro cultura e della loro sensibilità.
È questo il fine dell’Osservatorio Carta di Roma, di cui è stato recentemente pubblicato il primo rapporto annuale che fornisce un quadro di quelle che sono le modalità, gli stili, le ottiche con le quali i mass media italiani si sono posti di fronte al fenomeno migratorio e con le quali hanno informato/formato l’opinione pubblica italiana sul tema in questione.
Lo spirito di fondo che pervade tutti gli studi confluiti nel rapporto è quello della conciliazione della libertà di espressione, principio fondamentale di ogni democrazia, con il diritto che i migranti hanno di essere rappresentati nella loro autenticità e non mediante facili schematizzazioni, pregiudizi, stereotipi, strumentalizzazioni politiche. Da qui la necessità di monitorare l’informazione evidenziandone generalizzazioni e approssimazioni così da correggerle perché possa fornire all’opinione pubblica una rappresentazione del migrante che coincida con il suo essere persona a tutto tondo e non con la percezione eurocentrica, xenofoba o, peggio ancora, razzista che se ne può avere.
Così, se da una parte si evidenzia un tendenziale cambiamento di rotta a seguito della visita di papa Francesco a Lampedusa e delle tragedie avvenute ad ottobre in quella stessa località, si rileva, comunque, nell’informazione italiana, la persistenza di diversi elementi non in linea con la Carta di Roma: trattamenti differenziati e perciò discriminatori negli articoli di giornale e nei notiziari per le immigrate, riduttivamente rappresentate o come vittime nei fatti di cronaca (violenza e prostituzione) o come “badanti” e per lo più ignorate quando dimostrano, ad esempio, capacità imprenditoriali; eccessivo riferimento agli aspetti culturali negli episodi di femminicidio nei quali sia la vittima che il carnefice sono stranieri, omissione degli stessi quando l’omicida o entrambi sono italiani, forte polarizzazione nella presentazione dei fatti e nella loro interpretazione tra testate di destra e di sinistra, fatto che testimonia un uso strumentale della notizia; riduzione della storia del migrante al momento dello sbarco e la titolazione in merito eccessivamente allarmistica con l’uso di termini fuorvianti quali “invasione”, “tsunami”, ecc., tendenza a replicare passivamente schematizzazioni o stereotipi relativi alle comunità Rom e Sinti, considerati a priori come persone pericolose e portatori di una cultura irrimediabilmente diversa e ai quali ci si riferisce con espressioni improprie quali “zingari”, “nomadi”, ecc.; appiattimento della figura del “richiedente asilo” su quella dell’”immigrato economico”, entrambi stigmatizzati con espressioni generiche quali ”clandestino”, “extracomunitario”.
Superare questi aspetti negativi dell’informazione italiana è di estrema importanza dal momento che sono i mass-media, televisione e internet in primo luogo, che in-formano l’opinione pubblica e che possono orientare la percezione del migrante in senso più positivo e meno conflittuale. È compito, peraltro, dei mass-media, o dovrebbe, per lo meno esserlo, denunciare episodi di hate speech (discorsi di incitamento all’odio razziale) da qualunque parte provengano, a maggior ragione quando infarciscono i discorsi dei politici, come il più delle volte accade. L’art. 4 della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (ICERD) recita “Il Comitato raccomanda agli Stati membri di incrementare i loro sforzi di prevenzione dei reati su base razziale e dei discorsi di incitamento all’odio e di assicurare l’effettiva applicazione delle misure penali esistenti. Il Comitato ricorda che l’esercizio della libertà di espressione comporta speciali responsabilità, tra cui l’obbligo di non diffondere idee razziste. Si raccomanda, inoltre, agli Stati membri di intraprendere azioni risolute per contrastare qualsiasi tendenza, specialmente tra i politici, ad individuare, stigmatizzare, stereotipare o etichettare le persone sulla base della razza, colore, discendenza e origine nazionale o etnica o ad utilizzare propaganda razzista per scopi politici”.
Al momento lo Stato italiano è inadempiente, dal momento che troppo spesso chi si è macchiato di questo reato è riuscito, in un modo o nell’altro, a sfuggire ai rigori della legge: a questa deficienza può, almeno parzialmente e su un diverso piano, rimediare un’informazione obiettiva, consapevole, rispettosa dell’alterità e della dignità delle persone, attuata da operatori competenti e qualificati e improntata sui principi di correttezza e professionalità individuati dall’Osservatorio Carta di Roma.