30 Set 2013
di Ciro Spagnulo
Con il decreto 8197 del 20 novembre 2012 il Tribunale di Bologna accoglie una richiesta di annullamento di un diniego di permesso di soggiorno per motivi familiari per convivenza con cittadino italiano.
La particolarità della pronuncia risiede nel fatto che non si riconoscono limitazioni all’età del cittadino italiano con il quale si convive, che si ribadiscono i criteri sulla successione delle leggi sostanziali nel tempo e che non è oggetto di discussione la disponibilità di reddito dello straniero convivente con il cittadino italiano.
Una signora ucraina chiede alla Questura di Bologna il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari in quanto convivente con il nipote italiano di tre anni, figlio della sorella. La Questura, che cita a proprio favore la sentenza n. 15246 del 4 luglio 2006 della Cassazione, nega il permesso a) per “la tenera età del nipote” che non consente “di ravvisare l’intento” da parte del minore “di instaurare… una comunione di vita che giustifichi il rilascio…”; b) perché volto a neutralizzare un provvedimento espulsivo. Inoltre, la Questura sostiene anche l’intervenuta limitazione dal quarto al secondo grado di parentela della concessione del permesso di soggiorno per motivi familiari per convivenza con cittadino italiano (legge 94/2009) e la mancata prova della titolarità di un contratto di soggiorno e/o di un reddito.
Come già accennato, riguardo agli ultimi due argomenti della Questura il giudice ribadisce 1) i criteri sulla successione delle leggi sostanziali nel tempo e quindi stabilisce la non retroattività della limitazione operata dalla legge 94/2009; 2) l’irrilevanza, nella prospettiva dell’esame dell’istanza di rilascio del permesso richiesto, della titolarità di un contratto di soggiorno e/o di un reddito (la ricorrente aveva comunque documentato di aver chiesto un permesso di soggiorno per emersione di lavoro subordinato).
Riguardo al primo argomento di diniego, l’età, il giudice scrive che nonostante quanto “autorevolmente espresso da Cass., sez. I, 4 luglio 2006, n. 15246”, che ha affermato che la situazione di convivenza dello straniero con parente di cittadinanza italiana entro il quarto grado che sia minore di età non configura la condizione di inespellibilità prevista dal D. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 2, lettera c), “non è convincente ed eccessiva rispetto allo scopo perseguito, traducendosi esso in una secca interpretazione abrogatrice” della norma citata, “la cui portata operativa non è limitata alla sola convivenza con cittadini italiani di maggiore età”. Inoltre, scrive ancora, la ricerca del dato della seria ed effettiva volontà di mantenere una communio familiaris quale frutto di una scelta libera e consapevole del cittadino italiano implica nel caso concreto il riferimento alla posizione dei soggetti che esercitano la potestà sul minore” e dunque lo rappresentano, in questo caso i genitori, i quali hanno voluto ammettere la ricorrente nell’abitazione familiare.
Riguardo, infine, al timore manifestato dalla Questura che la norma possa essere usata come espediente per evitare provvedimenti espulsivi, dando luogo a convivenze fittizie, il giudice afferma che servono indagini, non “una soluzione in diritto”. (Si ringrazia lo Studio Legale Associato Ronchi Burgisano di Bologna per la segnalazione)