28 Nov 2014
In media, nell’UE, una persona su quattro è a rischio di povertà o di esclusione sociale. Ma il tasso di rischio è quasi il doppio tra i cittadini non europei (49%), mentre i livelli per i cittadini “nazionali” e per quelli di un altro Stato membro dell’UE sono, rispettivamente 22,8% e 28,1% (tutti i dati si riferiscono al 2013). Più concretamente, questo significa che nell’Unione europea un immigrato su due è esposto ad almeno uno dei seguenti tre fattori: povertà monetaria (dopo i trasferimenti sociali), deprivazione materiale grave, famiglia a bassissima intensità di lavoro.
Il 21% dei cittadini di paesi terzi che vivono nell’Ue vive in una situazione che Eurostat definisce di “grave deprivazione materiale”, il che significa che le loro condizioni di vita sono fortemente limitate dalla mancanza di risorse, come il fatto di non essere in grado di pagare le loro fatture, di riscaldare adeguatamente le loro case o di fare una settimana di vacanza fuori casa. Questa percentuale è invece del 9% per i nazionali e del 7% per i cittadini un altro Stato membro dell’Unione europea.
I più alti tassi di rischio di povertà o di esclusione sociale dei cittadini non comunitari sono stati registrati in Grecia (72%), Belgio (68%), Spagna (59%), Francia (56%), Croazia (53%), Portogallo (52%) e Slovenia (51%). I più bassi sono in Repubblica Ceca (30,8%) e Malta (31,4%). In Italia questa percentuale è del 46,7%