28 Mag 2013
di Mohcine El Arrag
L’Istat segnala nel suo ultimo rapporto, pubblicato qualche giorno fa, che “nell’esperienza storica non è infrequente che situazioni di difficoltà economica prolungata nel tempo – come nel caso della crisi che stiamo vivendo – producano effetti negativi sulla coesione sociale di un Paese e che la diffusa sensazione di incertezza si traduca in fenomeni di inasprimento della competizione per le risorse divenute più scarse e di ricerca della protezione attraverso l’esclusione dell’estraneo e del diverso”. E in effetti, dice l’Istat, “il quadro cambia e l’area di quanti esprimono preoccupazione per la presenza di immigrati nel nostro Paese si amplia se si considera il contesto lavorativo”. Infatti, “seppure il 61,4 per cento dei rispondenti si dichiara d’accordo con l’affermazione che gli immigrati sono necessari per fare il lavoro che gli italiani non vogliono fare” e “una quota simile (62,9 per cento) è poco o per niente d’accordo con l’idea che gli immigrati tolgono lavoro agli italiani”, l’atteggiamento cambia “quando si affronta il problema dell’accesso al lavoro in presenza di scarsità, dimensione che consente di apprezzare le preoccupazioni generate dal peggioramento delle prospettive occupazionali che prevalgono nelle fasi di crisi come quella che stiamo vivendo. Ammontano a 20 milioni e 800 mila (51,4 per cento), i cittadini italiani che si dichiarano d’accordo con l’affermazione secondo la quale in condizione di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli italiani rispetto agli immigrati”.
L’Istat traccia un quadro anche dell’atteggiamento nei confronti della multiculturalità ricorrendo in particolare ai seguenti quesiti: ogni persona dovrebbe avere il diritto di vivere in qualsiasi paese del mondo abbia scelto?; è meglio che italiani e immigrati stiano ognuno per conto proprio?; l’Italia è degli italiani e non c’è posto per gli immigrati?; qual è la sua opinione sull’aumento di matrimoni e unioni miste tra italiani e immigrati?Il risultato che emerge dal complesso delle risposte analizzate è quello di un generale riconoscimento del ruolo positivo delle relazioni interculturali: la quasi totalità dei rispondenti (86,7 per cento) è molto o abbastanza d’accordo nel ritenere che “ogni persona dovrebbe avere il diritto di vivere in qualsiasi paese del mondo abbia scelto”. Oltre i quattro quinti degli intervistati manifesta chiaramente di apprezzare la convivenza tra culture diverse dal momento che si dichiara poco o per niente d’accordo con l’affermazione che “è meglio che italiani e immigrati stiano ognuno per conto proprio” (81 per cento) oppure che “l’Italia è degli italiani e non c’è posto per gli immigrati” (81,2 per cento).
In generale, pure con le criticità segnalate, le opinioni che gli italiani hanno dei cittadini stranieri sono positive. Spetterebbe ora al mondo politico tradurle in provvedimenti legislativi da troppo tempo attesi.