20 Apr 2011
QUARTA DI COPERTINA
VOI LI CHIAMATE CLANDESTINI
(di Laura Galesi e Antonello Mangano; Manifestolibri)
Un’inchiesta da Castel Volturno a Foggia, da Rosarno a Cassibile, sulle terribili condizioni di vita e di lavoro dei migranti. Un viaggio nel Sud invisibile, nelle campagne degli stagionali, dei rumeni, dei maghrebini, degli africani, degli imprenditori senza scrupoli, della ‘ndrangheta e della camorra. Cosa sappiamo della produzione dei pomodori, dei vini doc, delle arance? Questi tradizionali prodotti italiani sono spesso il frutto di lavoro nero, malpagato e ricattato. Il libro smonta uno dopo l’altro i pregiudizi e i luoghi comuni veicolati dalla retorica della «clandestinità», smaschera quella «filiera lunga» dei prodotti agricoli meridionali fatta di passaggi inutili, mediazioni estorsive e caporalato, un’economia dell’assurdo i cui costi sono pagati dagli anelli più deboli della catena, i lavoratori stranieri e i consumatori finali. Un’inchiesta che vuole ristabilire la verità sulla situazione di lavoratori stretti tra uno Stato sempre più pressante e razzista e una criminalità organizzata violenta e feroce.
IL BRANO
“A bruciarsi nel fuoco d’agosto delle campagne della Capitanata di Foggia, nel caldo siciliano moltiplicato dalla plastica delle serre, a temere le armi della camorra a Castel Volturno e quelle della ‘ndrangheta a Rosarno dovrebbero venirci i politici della Lega, gli “imprenditori della paura” firmatari dei pacchetti sicurezza e infine tutti i consumatori italiani. Sporcandosi le scarpe del fango delle campagne meridionali, imparerebbero tra le tante cose che l’economia dell’immateriale o la “fine del lavoro” qui non hanno alcun senso. Oppure che la sicurezza è un’esigenza vera, ma per i lavoratori stranieri troppo spesso ridotti in condizione servile. O, ancora, che i prodotti che fanno la dieta mediterranea arrivano da situazioni di sfruttamento che solitamente associamo al Terzo Mondo, ma che invece sono presenti a casa nostra.
Le arance non cadono dal cielo, né le patate vengono fuori dal terreno per magia, tanto meno le uve pregiate si trasformano in vini da esportazione senza intervento umano. Esiste un lavoro sporco, materiale, antico che non vediamo e che rappresenta la base produttiva dell’agroalimentare italiano. Non vogliamo vederlo perché è praticato da una classe di lavoratori in condizione para-schiavistica: per la precisione i migranti, in particolare quelli senza documenti. Troppo utili per essere cacciati via, ma non al punto da diventare cittadini titolari di diritti.
Sono manodopera a costo zero, lavoratori senza diritto nemmeno a un tetto. Sono la parte impresentabile delle produzioni Doc, della dieta mediterranea, della pizza e della pastasciutta, di una buona parte di quanto – almeno fino a oggi – ci rende orgogliosi di essere italiani. Tollerati, sfruttati, criminalizzati e consapevoli, li definiva un rapporto di Medici Senza Frontiere rimasto del tutto inascoltato…”GLI AUTORI
Laura Galesi, giornalista, collabora con Il Sole-24 ore, Liberazione, Left-Avvenimenti. Cura gli uffici stampa del comune di Niscemi e di “Avviso Pubblico” (associazione antimafia degli enti locali).
Antonello Mangano, autore di inchieste e saggi sulla emigrazione e la lotta alla mafia, collabora con Il manifesto ed è autore del libro: Gli africani salveranno l’Italia (Rizzoli 2010).
(Fonte: Manifestolibri)