28 Gen 2015
di Ciro Spagnulo
Con un’ordinanza di qualche mese fa il Tribunale di Torino affronta la tematica del ricongiungimento familiare relativo a cittadini extracomunitari maggiori di anni 21, figli di cittadini UE*. In particolare, l’ordinanza chiarisce che non spetta all’autorità consolare verificare la circostanza di “essere familiare a carico”, ma alle autorità nazionali.
L’ordinanza è stata emessa a seguito dell’impugnazione da parte di un cittadino italiano di origine marocchina del provvedimento di diniego della concessione del visto per il ricongiungimento famigliare al figlio maggiore di 21 anni emesso dal Consolato Generale d’Italia, Ufficio di Casablanca, il 28 gennaio 2013. Il Consolato aveva rigettato la richiesta non ritenendo sussistenti i requisiti di cui al D. Lgs n. 30/2007, in particolare quello di cui all’art. 2, comma 1, let. b, non avendo ritenuto provato il mantenimento del figlio da parte del padre. Il ricorrente eccepiva che il figlio era a tutti gli effetti a suo carico e che in ogni caso non era compito del Consolato valutare tale circostanza, essendo di sua spettanza la sola valutazione del rapporto di parentela al fine del rilascio del visto d’ingresso di breve durata in Italia.
Il Tribunale osserva che “il diritto all’ingresso e al soggiorno per ricongiungimento familiare del cittadino extracomunitario con cittadino italiano è regolato esclusivamente dalla disciplina normativa di derivazione comunitaria, introdotta dal d. lg. 6 febbraio 2007 n. 30, che ha recepito la direttiva 2004/38/Ce” e che il riconoscimento del diritto presupponeva la prova, secondo la versione originaria del D.Lgs n. 30/2007, “di specifiche condizioni (quali una seria infermità, l’essere a carico del cittadino italiano) di cui è necessario dimostrare l’esistenza” (Cassazione civile, sez. VI, 17/12/2010, n. 25661), prova che doveva essere valutata dagli Uffici consolari. A seguito tuttavia della novella apportata dalle legge n.129/2011 al D.Lgs. n. 30/2007, novella che ha semplificato il regime dei visti per i famigliari di cittadini comunitari, il Ministero degli Affari Esteri ha statuito con messaggio del 6 agosto 2013 che “la principale innovazione intervenuta è quindi la rimozione del visto quale condizione per l’ingresso e il soggiorno in Italia dei familiari extracomunitari dei cittadini UE. Di conseguenza codesti Uffici Visti non dovranno più rilasciare visti di ingresso nazionali di tipo D) per motivi familiari, ai fini di un lungo soggiorno (oltre i 90 giorni), ai cittadini stranieri, familiari di cittadini UE…” ma verificato il vincolo di parentele/coniugio con il cittadino UE, “potrà invece essere rilasciato un visto Schengen di breve durata (fino a 90 giornii, tipo C) per turismo con ingressi multipli… Costoro potranno quindi recarsi direttamente in Italia ed avanzare un’eventuale richiesta di lungo soggiorno (oltre i 90 giorni) direttamente alle Questure e ai Comuni, titolati a valutare la sussistenza delle condizioni e dei requisiti normativi, relativamente al soggiorno e all’iscrizione anagrafica… Verrà quindi meno per queste categorie di utenze la disamina, in particolare, della questione del ‘carico familiare’ e delle ‘unioni registrate in un altro Stato’, annose questioni che hanno reso sempre difficoltosa l’attività di codeste Sedi e che ora, per il rilascio di un visto di tipo C per turismo, non rivestono una particolare rilevanza, essendo demandate alle competenti amministrazioni in territorio nazionale l’accertamento della sussistenza delle condizioni e requisiti per il diritto ad un lungo soggiorno del familiare UE…”.
Il Tribunale ha pertanto accolto il ricorso.
*NOTA. L’art. 2 del D.Lgs n. 30/2007 definisce “familiare” ai fini della possibilità di ricongiungimento: “il coniuge; il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari, l’unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante; i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b); gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b)”.