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Modena, 6 giugno 2012
Si tratta di un provvedimento importante che per la prima volta nella vertenza Fiom-Fiat sospende il giudizio e rinvia alla Corte Costituzionale il pronunciamento sulla legittimità costituzionale dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori”. Così ha commentato stamattina in conferenza stampa il segretario della Fiom/Cgil di Modena Cesare Pizzolla – insieme ai sindacalisti Fiom Fernando Siena e Edo Rioli e ai delegati sindacali – il recente dispositivo del 4 giugno del giudice del Lavoro di Modena relativo al ricorso Fiom ex art.28 per attività antisindacale contro le aziende modenesi del gruppo Fiat (Cnh, Maserati, Ferrari) per aver rifiutato la nomina delle Rsa Fiom/Cgil, nonché per aver rifiutato i permessi e tutte le agibilità sindacali negli stabilimenti modenesi, con la motivazione che la Fiom non è firmataria del CCLS (contratto collettivo specifico di lavoro di primo livello) che da gennaio 2012 si applica nelle aziende del Gruppo.
“Il giudice del Lavoro di Modena – ha aggiunto Pizzolla – ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sull’art.19 dello Statuto dei Lavoratori delineando in molti passaggi della sentenza il contrasto con gli art. 2, 3 e 39 della Costituzione che garantiscono libertà di organizzazione sindacale e libertà di scelta, il diritto di pari dignità fra sindacati all’interno dell’impresa e fra i lavoratori”.
Ovviamente il non aver emesso una sentenza (a favore o contro, come avvenuto nelle altre cause che sul territorio nazionale sono state intentate dalla Fiom verso le aziende Fiat), allunga i tempi e non sblocca la situazione nelle 3 aziende modenesi, ritardando dunque il rientro del sindacato nelle aziende.
Nonostante questo, il provvedimento è valutato in modo positivo dai dirigenti Fiom, che commentano diversi passaggi, laddove si dice, ad esempio, che l’applicazione letterale dell’art.19 nel contesto di oggi, di rottura dell’unità sindacale, “mostra tutti i suoi limiti in termini di irragionevolezza e miopia … Ciò specialmente in un sistema privo di regole democratiche, normativamente poste, in grado di selezionare i soggetti legittimati a sottoscriverle”.
Pizzolla e Siena hanno messo l’accento anche sul concetto espresso nel dispositivo dove si dice che la rappresentanza dei sindacati non può essere desunta dal fatto se firmano o no un accordo, altri sono i fattori per misurarla, a cominciare dalla partecipazione alla trattativa e dalla procedura di contrattazione sull’Accordo di Pomigliano (che poi è stato esteso a tutto il gruppo Fiat) a cui la Fiom ha preso parte attivamente e che nell’esercizio della propria libertà sindacale ha scelto poi di non firmare, manifestando il proprio dissenso, e per questo esclusa dalle imprese del Gruppo.
“Il giudice – hanno insistito i sindacalisti della Fiom – ha quindi stabilito in modo chiaro nelle sue argomentazioni che il criterio selettivo dell’art.19 (che ammette alla rappresentanza solo chi firma i contratti) è irragionevole e miope, oltre che lesivo delle libertà sindacali”.
Per questo è stato sospeso il giudizio con il rinvio alla Corte Costituzionale, e inoltre il dispositivo è stato inviato dal Giudice di Modena al Presidente del Consiglio e ai Presidenti di Camera e Senato.
“Ci auguriamo – ha ribadito Pizzolla – che l’esame da parte delle Camere porti a metter in primo piano a livello nazionale il problema della democrazia e della rappresentanza nei luoghi di lavoro. Chiediamo una legge su questa materia al Parlamento e faremo pressioni per una modifica dell’art.19 che, congeniato nel 1970 ai tempi dell’unità sindacale quando i contratti venivano firmati da tutti i sindacati maggiormente rappresentativi, oggi non ha più la sua funzione”.