14 Ott 2013
di M. Elisabetta Vandelli
La corte di Cassazione, I sezione penale, con sentenza n. 39860/13, depositata il 25.09.2013, ha affermato che chi presenzia a manifestazioni sportive con simboli o emblemi propri di associazioni nazionaliste o di gruppi razzisti, ossia che professano finalità di discriminazione o di odio razziale o nazionale, anche se il soggetto non risulti iscritto a tali associazioni, risponde del reato di cui all’art. 2, comma secondo, della così detta “legge mancino”, L. n. 205/1993.
In particolare, la Corte si è espressa in merito all’episodio che ha visto coinvolto un cittadino italiano il quale, in occasione della manifestazione sportiva di hockey, svoltasi in Alto Adige, aveva indossato una maglietta riproducente scritte e simboli propri dell’ideologia fascista.
L’ imputato è già stato condannato in primo e in secondo grado, pertanto la sentenza della Corte di Cassazione pone la propria pronuncia a definitiva conferma delle precedenti, sancendo definitivamente l’assunto per cui “integra la condotta di uso di simboli propri delle organizzazioni nazionaliste ed i comportamenti vietati e sanzionati dalla legge n. 205 del 1993” anche la condotta di chi semplicemente indossi un capo di abbigliamento che esibisca scritte o simboli fascisti nel contesto specifico dello “svolgimento di manifestazioni agonistiche“.
Questo perché il reato sussiste oggettivamente senza che sia richiesta la specifica volontà dell’ imputato di propagandare le ideologie nazionaliste.
Infatti il giovane si era difeso adducendo come motivazione il fatto che non avesse avuto né la percezione né la volontà specifica di inneggiare all’ ideologia fascista né di discriminare o offendere la dignità di alcuno.
Tuttavia la Corte giudicante ha spiegato che il reato è integrato dal solo fatto di aver esibito simboli razzisti o di associazioni nazionaliste all’interno della richiamata manifestazione di hockey svoltasi in Alto Adige.
Infine, per completezza, si ricorda che la legge n. 205 del 1993 vieta altresì la costituzione di gruppi o associazioni aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o all’odio razziale: la direzione di tali associazioni viene punita con la reclusione dagli uno ai sei anni, e la semplice partecipazione con la reclusione dai sei mesi ai quattro anni. Inoltre chi, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori o ostenti emblemi o simboli propri o usuali di codeste organizzazioni viene punito con la reclusione fino ai tre anni.