SE LE CONDIZIONI LO PERMETTESSERO RIENTREREBBE IN PATRIA UN ROMENO SU DUE

13 Ott 2011

di Mohcine El Arrag

Un romeno su due (49%) tra quanti vivono e lavorano in Italia vorrebbe tornare nel suo Paese. Ad abbracciare con maggior forza la prospettiva di rientro sono le persone che con la Romania mantengono legami affettivi. In questo caso la percentuale balza al 71%. Ma a rendere poco appetibile la prospettiva del rientro c’è innanzitutto la convinzione (oltre l’85%) che trovare lavoro sarebbe difficilissimo, e poi una serie di condizioni di carattere generale e strutturale che fanno pendere l’ago della bilancia dalla parte dell’Italia, come lo stile di vita, le condizioni generali di benessere, il livello medio degli stipendi. Sono alcuni dei risultati di un’indagine realizzata dalle Acli nell’ambito del progetto “Medit”, presentata presso l’Accademia di Romania. Allo scopo

di contribuire alla definizione di un piano di sostegno al rientro dei Rumeni nel paese d’origine, il progetto Medit ha previsto la realizzazione di un’indagine quantitativa rivolta a un campione di lavoratori rumeni residenti in Piemonte, Veneto, Lazio e Puglia. Sono state realizzate 1200 interviste, con una leggera prevalenza di intervistati di sesso femminile, 682, contro 516.

Per quasi due donne su tre (63,7%), la prima esperienza di lavoro all’estero ha coinciso con un’occupazione nel settore del lavoro domestico e dell’assistenza familiare. Al contrario, per gli uomini è stato il settore dell’edilizia a rappresentare il primo sbocco professionale (41,9%); un altro sottogruppo consistente (33,5%) ha trovato invece impiego come artigiano o operaio nell’industria, nei trasporti o nella logistica.

A fronte di un’età media decisamente bassa, sono presenti almeno due generazioni migratorie. Un elemento discriminante per comprendere le due generazioni è la loro condizione lavorativa, in particolare il lavoro in nero. Spesso l’occupazione irregolare è una condizione transitoria, che caratterizza soprattutto il primo periodo di residenza all’estero. Tra le persone che sono in Italia da più tempo, la quota di lavoro in nero cala nettamente e con il passare del tempo i lavoratori rumeni tendono ad acquisire una posizione occupazionale regolare. Le condizioni di vita e di lavoro tendono a migliorare nella fase successiva a quella di primo insediamento e si

intensificano i ricongiungimenti familiari. L’integrazione cresce con la permanenza in Italia.

I dati sul mercato del lavoro evidenziano un marcato differenziale di genere penalizza le rumene rispetto ai rumeni. A parità di lavoro, al Nord si guadagna di più, e guadagna di più soprattutto chi è immigrato da un maggior numero di anni. Considerati a livello individuale, i redditi mensili non sono particolarmente elevati. Le famiglie rumene possono però contare su redditi in linea con quelle degli italiani se l’eventuale partner lavora, e il doppio lavoro è pressoché la norma.

“Quest’ultimo è un dato rilevante, se si considera che il denaro rappresenta un forte incentivo alla permanenza in Italia: basti pensare che, secondo dati Eurostat riferiti al 2006, un ora di lavoro in Italia viene mediamente pagata 13,50 euro, in Romania 1,87 euro”. Infatti, alla domanda sul perché vivano in Italia la maggior parte degli intervistati, il 72,2%, risponde che nel Bel Paese guadagna di più. “Strettamente collegata a questo elemento è anche l’opinione di coloro che dichiarano che la permanenza in Italia è dovuta alle migliori condizioni di lavoro (48,6%) e alla migliore qualità della vita (52,1%)”.

Per quanto riguarda l’informazione attuale sul lavoro e sulla situazione socio-economica in Romania, oltre l’85% ritiene che attualmente trovare lavoro nel Paese d’origine sia assai difficile.

La prospettiva del rientro in Romania non appare vantaggiosa, tuttavia il 49,2% esprime il desiderio di tornare a vivervi. Ad abbracciare con maggior forza la prospettiva di rientro sono le persone che mantengono legami affettivi. “Considerando gli intervistati che hanno un partner che vive ancora in Romania, la percentuale di coloro che intendono tornare sale dal 49,2% del dato generale al 70,6%”.

LA RICERCA SUI ROMENI

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