10 Mag 2011
SECONDI A CHI?
Un’indagine CNEL sui comportamenti degli adolescenti stranieri
di Arturo Ghinelli
Attualmente sono più di 900 mila i minori “stranieri”, il 14% dei quali è nato in Italia. Hanno molti amici, possiedono il cellulare, amano la musica e vestire alla moda navigano su internet. Non vanno in discoteca,non fumano, non bevono, non si fanno le canne, non marinano la scuola e raramente fanno tardi la sera.
Gli adolescenti di cosi detta “2^ generazione” non sono secondi a nessuno, tanto meno ai loro coetanei italiani. Almeno questa è l’immagine che esce dall’indagine del CNEL su 751 adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni, di cui 414 di origine straniera e 337 di origine italiana,reclutati all’interno delle scuole medie superiori. Anzi farebbero la gioia di molte mamme italiane. Infatti per la maggior parte dei ragazzi intervistati (64,5%)la propria famiglia è una risorsa per l’integrazione e nel 70% dei casi tutti i componenti parlano italiano anche in casa. Inoltre la stragrande maggioranza (79%)afferma di sentirsi vicina allo stile di vita italiano. Sognano di aiutare economicamente la famiglia (64,5%)e trovare un lavoro stabile e sicuro(63,4%), di andare a vivere all’estero(44,6%) e di frequentare l’università(40,1%).
I giovani immigrati, stando all’indagine, non avrebbero grandi difficoltà scolastiche, né problemi di integrazione con compagni e insegnanti, ma nemmeno molta voglia di studiare. Mi permetto di dubitare di queste conclusioni riguardanti il loro percorso scolastico. Le difficoltà scolastiche trovano conferma persino nelle annuali indagini del MIUR, secondo le quali i figli di immigrati accumulano notevoli ritardi nel loro iter scolastico e soprattutto esiste una forbice del 7% di differenza a loro svantaggio, rispetto ai coetanei italiani, per quanto riguarda il successo formativo. Quanto ai problemi di integrazione con compagni e insegnanti,non esistono indagini puntuali sull’argomento. Tuttavia sulla base della mia esperienza,che mi ha permesso di seguire i miei ex alunni immigrati anche dopo le superiori, ritengo che i ragazzi “stranieri”tendano a negare gli atteggiamenti discriminatori da parte dei compagni pur di cercare di integrarsi nella classe. Purtroppo, per quello che riguarda gli insegnanti devo dire che ho riscontrato spesso comportamenti razzisti nella sostanza anche se “ugualitari”nella forma e che, anche da questo, derivi la poca voglia di studiare che avrebbero confessato nell’indagine. In realtà, a mio parere, avrebbero solo rispecchiato il giudizio che danno di loro gli insegnanti. Per questo sono molto d’accordo con alcune affermazioni che Antonio Marzano,presidente del CNEL, ha fatto presentando l’indagine: “E’ prioritario dare loro una adeguata competenza linguistica e una scuola che sappia essere comunità”.
L’amicizia tra italiani e figli di immigrati, anche quando si raggiunge, spesso non va oltre le mura dell’aula. Indicativo,a questo riguardo, il dato che il 54,8% di loro è motivato ad aiutare gli altri e a migliorare la società in cui vive riferendosi,nel 18% dei casi,ai fenomeni di razzismo e discriminazione. Inoltre i giovani immigrati non sono molto ottimisti:ben il 67%degli adolescenti intervistati pensa di non avere alcuna possibilità di cambiare il mondo.
E se penso che l’indagine ha escluso tutti quelli che non frequentano nessuna scuola superiore, anch’io non sono molto ottimista sulla possibilità di cambiare il mondo.