31 Mar 2014
“In base ai dati SVIMEZ, il 64% dei cittadini meridionali, oltre due su tre, che nel 2011 hanno lasciato il Mezzogiorno per una regione del Centro-Nord aveva un titolo di studio medio-alto, diploma o laurea. Il Sud continua quindi a sostenere i costi del suo capitale umano qualificato ma a impoverirsi esportandolo in senso univoco, cioè senza ritorno. E le rimesse di un tempo che i lavoratori meridionali al Nord mandavano a Sud oggi non ci sono più, anzi: pare che viaggino nella direzione opposta. Visto che la crescita prevista per il 2014 non presenta segnali incoraggianti, attendiamo dal nuovo Governo misure decisamente robuste per tamponare questa deriva”
È quanto ha affermato il Presidente della SVIMEZ nella sua relazione al convegno internazionale “La nuova emigrazione italiana” che si è svolto all’Università Ca’ Foscari di Venezia.
“Di fronte agli ultimi dati ISTAT di un’ulteriore perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro persi in Italia dall’anno scorso, ha continuato il Presidente, la crisi sembra alimentare le diseguaglianze territoriali, come dimostrano i dati SVIMEZ sulla povertà. Dividendo 100 famiglie meridionali in cinque classi da 20 l’una dalle più ricche alle più povere, emerge che il 62% delle famiglie meridionali, cioè due su tre, appartengono alle classi più povere.
In questo quadro, dal punto di vista demografico, si conferma con sempre maggiore evidenza come il Mezzogiorno abbia perso il tradizionale ruolo di bacino di crescita dell’Italia. Anzi: da qui ai prossimi 50 anni stimiamo di perdere ancora 4,2 milioni di abitanti rispetto all’incremento di 4,5 milioni al Centro-Nord: nonostante il positivo incremento degli immigrati la tendenza che si prospetta è un anziano ogni tre abitanti, e una sostanziale parità tra le persone in età lavorativa e quelle troppo anziane o troppo giovani per farlo, con conseguenti problemi di welfare e di sostenibilità del sistema”.