11 Apr 2014
di Laila Nini
L’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) è intervenuta con una lettera in relazione all’avviso di ricerca indetto dall’Azienda Ospedaliera – universitaria di Torino di un praticante avvocato per lo svolgimento della pratica di forense presso la stessa struttura, esteso a tutti i cittadini italiani e comunitari dell’Ue, escludendo i cittadini extracomunitari.
L’ Asgi precisa che il requisito della cittadinanza e la conseguente esclusione dalla partecipazione alla selezione dei cittadini extracomunitari non risulta essere conforme alla normativa europea ed italiana, per cui costituisce una discriminazione.
Precisa, inoltre, che l’art. 11 comma 1 della direttiva europea 109/03 riguardante i cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti prevede che questi debbano godere dello stesso trattamento dei cittadini nazionali, per quanto riguarda l’esercizio di un’attività lavorativa subordinata o autonoma, purché questa non implichi nemmeno in via occasionale la partecipazione all’esercizio di pubblici poteri, al pari di quanto previsto per i cittadini di Paesi membri dell’Ue.
Analogamente, gli artt. 23 e 24 della direttiva europea 2004/38 prevedono che i familiari del cittadino dell’Ue, qualunque sia la loro cittadinanza, titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente in uno Stato membro, hanno diritto di esercitare un’attività economica come lavoratori subordinati o autonomi e godono di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato membro nel campo di applicazione del trattato. Queste garanzie di parità di trattamento valgono anche per i familiari extracomunitari di cittadini italiani, in virtù del divieto di “Discriminazione a rovescio” dell’art 23 d. lgs. 30/2007. Anche i rifugiati e i titolari della protezione sussidiaria hanno diritto di accesso alle attività di lavoro autonomo e alle libere professioni in condizioni di parità di trattamento con i cittadini nazionali.
La parità di accesso alle attività di lavoro autonomo si estende necessariamente a quelle attività formative che pur non essendo un’attività di lavoro concreta, sono propedeutiche ed obbligatorie nell’esercizio delle libere professioni, come ad esempio la pratica forense.
La stessa legge di riordino della professione di avvocato, prevede la possibilità di iscrizione all’albo di avvocato e di accesso alla pratica di forense da parte del cittadino di Paese terzo non membro dell’Ue che ha conseguito la laurea di giurisprudenza in Italia ed è titolare di permesso di soggiorno, così come del cittadino di Stato terzo che ha ottenuto il riconoscimento in Italia della laurea conseguita all’estero non membro dell’Ue, insieme all’attestato di superamento della prova attitudinale da parte del Consiglio Nazionale Forense, rispettando allo stesso momento il limite delle quote annuale dei flussi di cui al T.U. immigrazione (limite che vale solo per l’iscrizione all’albo).
Secondo l’Asgi, anche nei confronti dei cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti in Italia con un titolo che consente l’esercizio di attività lavorativa deve trovare la piena applicazione il divieto di limitazioni discriminatorie, anche indirette, fondate sulla nazionalità, nell’accesso e nell’esercizio delle libere professioni, di cui alla legge di riforma degli ordinamenti professionali e relativo regolamento applicativo.
Di recente, l’Asgi ha inviato sull’argomento anche un esposto alla Commissione europea.