14 Gen 2013
TRIBUNALE REGGIO EMILIA: CONCORSI PROFESSIONI SANITARIE APERTI ANCHE AI CITTADINI EXTRA UE
di Ciro Spagnulo
Il Tribunale di Reggio Emilia, sez. lavoro, con ordinanza depositata il 19 novembre 2012 (RG 5301/12), ha accolto il ricorso presentato da una cittadina moldava contro l’esclusione dalla partecipazione ad un concorso pubblico indetto dal’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena per la copertura di un posto di collaboratore professionale sanitario –ostetrica, esclusione motivata sul difetto di cittadinanza italiana e di altro Stato dell’Unione europea. La ricorrente, ricevuta la formale comunicazione di esclusione, chiedeva al giudice un provvedimento d’urgenza per l’ammissione alle prove di selezione del concorso. Ottenutolo, non superava le prove. Tuttavia, al momento dell’udienza, al di là dell’esito delle prove, manifestava il suo interesse al giudizio del giudice sul suo diritto alla partecipazione al concorso, e, quindi, sul comportamento discriminatorio dell’Azienda. Il giudice del lavoro confermava il decreto con cui riteneva accoglibile il ricorso nella parte richiedente l’accertamento del comportamento discriminatorio.
Nel dare ragione alla ricorrente, facendo ampi riferimenti alla giurisprudenza consolidata, il giudice rileva “che il requisito della cittadinanza si mostra del tutto irragionevole (e discriminatorio) ai fini dell’accesso al lavoro allorché si tratti di attività semplici realizzate dalla p. a. mei suoi momenti meramente operativi; il requisito della cittadinanza italiana può essere invece validamente richiesto solo in quanto riferito allo svolgimento di attività comportanti l’esercizio di pubblici poteri o di funzioni di interesse nazionale…”.
“Va per altro osservato”, aggiunge il giudice, “che la posizione lavorativa di cui al concorso è certamente accessibile allo straniero comunitario, posto che l’art. 38 d.lgs 165/01 interdice ai cittadini membri dell’Unione Europea esclusivamente l’accesso ai posti di lavoro presso pubbliche amministrazioni che implichino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero attengano alla tutela dell’interesse nazionale”. Quindi, conclude il giudice, “non è dunque ipotizzabile che si effettui, all’interno delle generale categoria straniero, di accezione costituzionale (cfr. art 10 Cost.) una discriminazione tendente a differenziare il paese di provenienza del soggetto lavoratore, differenziazione che non è rinvenibile in alcun dato normativo”.
Il giudice ha condannato l’Azienda al pagamento delle spese legali.