15 Set 2014
Gli untori erano individui sospettati, durante i periodi di pestilenza, di propagare, con deliberata volontà, il loro morbo contagiando luoghi ed oggetti. Contro di loro si scatevavano vere e proprie cacce. Ovviamente si trattava di persone incolpevoli che fungevano da capri espiatori per paure e fenomeni inspiegabili. L’idea dell’untore si ripropone fin dall’antichità e perfino ai giorni nostri torna utile a chi vuole creare spavento per individui o gruppi, come dimostrano certe campagne allarmistiche che si sono diffuse con l’intensificarsi degli sbarchi di profughi e migranti. Quest’ultimi sono accusati di essere propagatori di tubercosoli ed Ebola. Contro l falsi allarmi, diffusi da certi sindacati di polizia e da talune forze politiche, si sono schierati in tanti, come i ministeri per l’Interno e la Salute e diverse organizzazioni del volontariato, come Medici Senza Frontiere (MSF). “Invece di ‘Tubercolosi No Grazie’, scrive in una nota, “noi di Medici Senza Frontiere diciamo ‘No grazie’ all’allarmismo basato sulla paura e l’ignoranza piuttosto che sui fatti”.
E i fatti sono che nei primi mesi del 2014 MSF, insieme all’Azienda Sanitaria Provinciale di Pozzallo, ha effettuato il primo screening sanitario per circa 12.000 persone appena sbarcate, e i risultati sono che si tratta generalmente di giovani, in buono stato di salute, la cui quasi totalità delle malattie diagnosticate all’arrivo è legata alle difficili condizioni di vita e del viaggio che devono affrontare: infezioni dermatologiche, dolori articolari, piccole ferite, debilitazione generale e così via”.
“È del tutto falso”, sottolinea poi MSF, “che le persone arrivano sulle coste italiane e girano liberamente per il paese senza alcun controllo sanitario. Vediamo il Ministero della Salute eseguire screening sanitari ogni giorno. Noi stessi forniamo screening supplementari a Pozzallo e Augusta, due dei principali siti di sbarchi in Italia. “Purtroppo”, aggiunge, “al contrario di quanto affermato in questi giorni da note figure politiche, la Tubercolosi è una malattia presente in Italia da decenni, non è stata recentemente importata dagli stranieri. Nell’ultimo cinquantennio (1955-2008), il numero annuale di casi di Tbc, registrati dal sistema di notifica nazionale, è diminuito da 12.247 a 4.418. Non si parla quindi di un riemergere della malattia. Per di più le persone positive al test cutaneo alla tubercolina (Mantoux) non sono contagiose. Solo il 10% di chi acquisisce l’infezione sviluppa in seguito la malattia tubercolare, diventando potenzialmente contagioso per altri. La Tbc non si trasmette con una stretta di mano, prendendo lo stesso autobus o frequentando gli stessi spazi pubblici”.
MSF parla anche di Ebola. “Per quanto riguarda l’Ebola, non è mai stato diagnosticato un caso di Ebola in Italia. L’approdo di questa malattia con i migranti che sbarcano sulle coste siciliane è più che remoto. Il virus Ebola è molto letale e nella maggior parte dei casi provoca malattia sintomatica e poi morte nell’arco di pochi giorni dall’infezione. Questo vanifica la possibilità che una persona infettata si avventuri verso l’Europa in un viaggio che generalmente dura diversi mesi. E questo è anche un tempo troppo lungo perché una febbre emorragica virale possa ‘sopravvivere’ fino ad arrivare a noi”.
Così conclude l’organizzazione umanitaria: “Invece di promuovere la chiusura delle frontiere in Italia o alzare ancora più in alto le barricate, occorre sottolineare l’importanza di investire nel sistema di accoglienza, perché uno standard di qualità del servizio è cruciale nel determinare l’evoluzione dello stato fisico e mentale di queste persone. Se dunque un reale rischio per la salute pubblica della popolazione italiana esiste, esso è rappresentato dall’esclusione sociale e dal mancato rispetto dei diritti minimi di accoglienza”. (cs)