UN NUOVO CORSO PER L’EUROPA

11 Apr 2014

di Mirto Bassoli*

 Questa volta ci giochiamo molto. Ormai è chiaro che le prossime elezioni europee saranno una sorta di referendum sulla sopravvivenza dell’Euro e, forse, dell’Europa stessa. Le ultime elezioni, in particolare quelle amministrative svolte di recente in Francia, ne sono state un esplicita conferma.Se siamo arrivati a questo punto è certamente perché sono stati commessi gravissimi errori.

Il più grave di tutti è stato l’avere precocemente e colpevolmente abbandonato il “sogno europeo”, l’idea che gli stessi padri fondatori dell’Europa avevano in testa.

Come sia stato possibile passare dal disegno di un’Europa federale immaginata nel Manifesto di Ventotene del 1943 di Spinelli e Rossi, sinonimo di libertà, di solidarietà tra i popoli, di superamento dei nazionalismi, all’Europa del Fiscal Compact o dei Six-Pack, può apparire un mistero, ma in realtà tale non è.

Chiunque abbia una chiara visione della democrazia, di ciò che significa attuarla e radicarla nella costruzione sociale, nell’impianto delle istituzioni, non può non ribellarsi di fronte a ciò che è avvenuto in questi anni.

Spinelli e Rossi avevano in testa un’Europa che si richiamava ad un principio fondamentale del socialismo: “quello secondo il quale le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma – come avviene per forze naturali – essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime”.

Oggi l’Europa rappresenta qualcosa di molto lontano da quegli obiettivi. E’ debolissima l’Europa politica, non c’è quella sociale; esiste solo la libera circolazione delle merci e i vincoli finanziari a supporto della stabilità della moneta.

Eppure tutto il continente, ed in particolare i paesi della fascia meridionale, sono attraversati da una crisi spaventosa, che fa si che siano oggi quasi 26 milioni di disoccupati nell’Unione Europea, dei quali 18.965.000 si trovano nei paesi dell’eurozona.

Il modello sociale costruito nel dopoguerra, a supporto di uno sviluppo della riconquistata democrazia, dopo l’epoca tragica dei totalitarismi, si sta progressivamente sfaldando.

E allora il 25 maggio, quando ci recheremo al voto, si misureranno tre opzioni in campo: quella di chi pensa di fatto di cancellare l’Europa, usando strumentalmente la vicenda dell’Euro; quella di chi si ritiene europeista, ma intende semplicemente confermare lo status quo, replicando le politiche tragiche di questi anni; infine, la terza opzione, la necessaria scelta del cambiamento, perché dalla crisi dell’Europa si esce non con meno ma con più Europa, purché si riesca a delineare un progetto alternativo.

Il movimento sindacale del continente, seppur fortemente indebolito in questi anni segnati dalla recessione, proverà a dire la sua. A patire dalla manifestazione che si è svolta il 4 aprile a Bruxelles, a ridosso del vertice di primavera dei leader europei.

L’ossessione ideologica e cieca per la disciplina di bilancio, la furiosa insistenza sulle scelte di riduzione dei budget pubblici e di tagli alla spesa per il welfare, l’applicazione acritica dei vincoli dei vari “compact”, insomma, tutte le principali scelte economiche adottate negli ultimi anni si sono rivelate sbagliate, inefficaci, inique.

L’Europa ha bisogno di un nuovo corso, questa è la definizione che la Ces ha voluto dare alla sua proposta di un piano straordinario di investimenti per la crescita e l’occupazione. Un nuovo corso nelle politiche economiche e industriali, un piano da 250 miliardi di euro all’anno, per i prossimi dieci anni, dedicato a investimenti pubblici e privati nei settori decisivi per lo sviluppo e il futuro europeo. Undici milioni di nuovi posti di lavoro potrebbero essere creati investendo una cifra corrispondente a un quarto di ciò che l’Europa ha speso per salvare le banche a rischio, oppure di ciò che si perde ogni anno a causa delle frodi e dell’evasione fiscale.

A noi pare l’unica strada percorribile per il futuro dell’Europa. Un nuovo corso per tentare di invertire la tendenza al declino del “sogno europeo”, per la ripresa del processo di integrazione all’insegna di solidarietà e spirito democratico, per non consegnare il Parlamento europeo alle spinte dagli oscuri contorni nazionalisti, xenofobi, fascisti.

 

 

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