26 Giu 2009
Diventa legge il testo che introduce il reato di immigrazione clandestina. Così lo commentano esponenti della magistratura e della società civile. L’effetto sarà quello di “trasformare un fenomeno sociale in un fenomeno criminale”
di Roberta Lisi*
Migrare non è reato. O non dovrebbe esserlo. E invece in Italia diventerà legge un testo che introduce nel nostro paese proprio il reato di clandestinità. È infatti all’esame dell’Aula del Senato, per l’approvazione definitiva, il disegno di legge 733/bis, “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” che introduce nella giurisprudenza italiana il reato di immigrazione clandestina.
Cosa ha a che fare questa fattispecie di reato con la sicurezza dei cittadini? Nulla. Ad affermarlo è Angelo Caputo, responsabile immigrazione di Magistratura Democratica, che assieme a esponenti della società civile, in particolare Arci e Cgil, ha partecipato a un incontro alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato per denunciare i rischi di una deriva giustizialista sul fenomeno dell’immigrazione. Caputo sostiene che l’effetto di questo provvedimento sarà quello di “trasformare un fenomeno sociale come l’immigrazione in un fenomeno criminale”. E aggiunge l’esponente di Md: “L’ingresso e il soggiorno illegale dei migranti non rappresentano fatti che ledono, che colpiscono beni, individuali e collettivi, meritevoli di tutela penale. L’ingresso e il soggiorno illegale sono l’espressione di una condizione individuale, appunto quella del migrante, così come è la condizione del povero. Punire queste situazioni, l’ingresso e il soggiorno, significa in buona sostanza punire una persona per il fatto che è nata con un accento sbagliato”.
Ma allora, se non si occupa di sicurezza, qual è il senso vero del provvedimento? A leggere i diversi articoli ci si accorge che ciascuno di essi mira a mettere in una condizioni di inferiorità permanente i migranti. Alcuni esempi: innanzitutto il permesso di soggiorno a punti sancirà una condizione di subalternità definitiva per tutti gli stranieri, costantemente “messi alla prova” e passibili di vedersi cancellare dalla lista dei “buoni” anche dopo decenni di lavoro e di presenza regolare. Ma ciò che denuncia lo spirito profondo del provvedimento è l’impossibilità di registrare la nascita dei propri figli per i genitori privi di permesso di soggiorno. Insomma, in Italia nasceranno bambini “invisibili” e privi di identità giuridica. E ancora, il testo che sta per essere varato prevede il raddoppio dei tempi per il ricongiungimento familiare. Acquisire la cittadinanza per sposarsi diventerà quasi impossibile. Per non parlare delle nuove gabelle (fino a 200 euro) per tutte le pratiche relative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno.
Luigi Ferraioli, docente di Filosofia del diritto alla Terza Università di Roma, la vede così: “Non è più una legislazione anti immigrazione, è una legislazione che criminalizza gli immigrati, che ne fa persone illegali discriminate e penalizzate unicamente in forza della loro identità”. E prosegue: “Non dimentichiamo che noi abbiamo già conosciuto le leggi razziali. Queste sono le nuove leggi razziali, perché il provvedimento ha la stessa, identica logica di quello del ’38”. Certo è che quel testo ha una sua coerenza ed è certamente efficace rispetto all’obiettivo per il quale è stato scritto. Per sancire definitivamente la condizione di inferiorità dei migranti si introdurrà una nuova figura giuridica: il diritto disuguale, in barba alla Costituzione Italiana che prevede l’uguaglianza di fronte alla legge e non contempla in alcun articolo il diritto diseguale su base razziale. “La sanzione prevista per lo stesso reato commesso insieme da un italiano e da uno straniero irregolare – spiega Livio Pepino, consigliere del Csm – comporta una pena più grave per lo straniero irregolare. Questa è già di per sé una situazione di inferiorità, è un sistema che ha una sua diabolica coerenza”. E conclude il magistrato: “Tutto questo incide sulla situazione della convivenza e sulla situazione della democrazia”.
Quelle fin qui raccontate non sono ancora leggi dello Stato, ma per qualcuno è come se già lo fossero. Il ministro degli Interni ha ordinato i respingimenti di massa impedendo l’arrivo sulle nostre coste di centinaia di uomini e donne (magari in attesa di un bimbo), mettendo nel macabro conto dei rischi che queste procedure comportano anche l’ipotesi che qualcuno di loro potesse morire. Medici assai zelanti hanno sottratto il figlio alla madre perché priva del permesso di soggiorno, o presidi hanno ritenuto che bravissimi alunni non dovessero partecipare agli esami di maturità vista la mancanza di documenti e del codice fiscale. Denuncia Piero Soldini, responsabile immigrazione della Cgil: “La legge non è ancora approvata, eppure è scattato nel paese un meccanismo per cui si dà per scontato che è legge dello Stato e quindi la si applica. Questa impostazione è assolutamente funzionale alle politiche che il governo sta facendo sull’immigrazione”. Prosegue il dirigente sindacale: “ In realtà il governo italiano sta già passando all’immigrazione scelta. Opta cioè per l’immigrazione irregolare perché più funzionale al modello di economia sommersa, di lavoro nero. Se ci si muove sul terreno della criminalizzazione dell’immigrazione, si fa la scelta di continuare a utilizzare gli immigrati irregolari in nero”.
Perché questa percezione sbagliata della realtà? Forse il sistema di tv e giornali ha qualche responsabilità nel dare per approvata una legge che ancora non esiste. A sostenerlo è Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della stampa: “Come sistema dell’informazione abbiamo accettato una torsione, una riduzione del significato del termine sicurezza ai soli problemi legati all’immigrazione, marginalizzando, quasi occultando la questione della sicurezza, della criminalità organizzata. Nella comune accezione giornalistica i problemi venivano e continuano a venire dall’immigrazione. Così abbiamo lasciato che l’incitamento all’odio razziale traboccasse”.
È probabile che il dl 733/bis questa settimana venga definitivamente approvato, ma non ci si può rassegnare alla deriva razzista e xenofoba che attraversa il nostro paese. A chiederlo sono in molti. Tra questi don Luigi Ciotti, portavoce nazionale di Libera: “Quando viene messa a rischio la dignità delle persone e quando viene umiliato e soffocato un progetto di giustizia noi tutti abbiamo il dovere di parlare, di fare, di offrire il nostro contributo alla crescita della legalità. Nella Chiesa siamo chiamati a portare la testimonianza cristiana, ma anche la responsabilità civile”. Conclude don Ciotti: “Nessuno dovrebbe dimenticare che il fondamento della legge è la persona umana e che le leggi devono rispondere ai bisogni delle persone umane. Di tutte le persone, non solo di alcune”.
(RadioArticolo1, 25/06/2009)