VERTENZE MANIFATTURA RIESE, ONDULATI MARANELLO, UNIFER NAVALE: UNO SFREGIO ALLA STORIA SINDACALE E CIVILE DEL TERRITORIO MODENESE

25 Mag 2021 ammortizzatori sociali, blocco licenziamenti, cgil modena, chiusura, crisi aziendale, delocalizzazione, licenziamenti, manifattura riese, ondulati maranello, riforma ammortizzatori sociali, unifer navale,

Non è ancora terminato il blocco dei licenziamenti previsto dai vari decreti covid, che a Modena nelle ultime settimane si assiste ad una recrudescenza di scelte imprenditoriali speculative che mettono a rischio circa 400 lavoratori.
I casi della Manifattura Riese di Carpi, dell’Ondulati Maranello e dell’Unifer Navale di Finale Emilia sono l’esempio di come non si deve uscire dalla crisi della pandemia con chiusure, delocalizzazioni e con licenziamenti di massa gettando nello sconforto centinaia di famiglie.
Siamo a pochi mesi dalla firma del Patto regionale per il lavoro, dove tutte le parti sociali, tra cui anche 55 organizzazioni d’impresa (a nome delle loro associate) si sono impegnate a non mettere in atto azioni unilaterali e comunque ad utilizzare tutti gli ammortizzatori conservativi per evitare i licenziamenti.
“Le tre situazioni aziendali – afferma Cesare Pizzolla della segreteria Cgil Modena – evidenziano invece la scelta di non rispettare questo patto e di procedere alla chiusura e ai licenziamenti unilaterali senza nessuna disponibilità a trovare strade alternative”.
La stessa modalità delle aziende di stare al tavolo delle trattative convocato presso la Regione Emilia Romagna, rivela la volontà di non riconoscere il ruolo delle istituzioni e in alcuni casi è anche espressione di assoluta mancanza di rispetto verso lavoratori, sindacati e rappresentanti pubblici.
“Se queste sono le modalità con cui qualche imprenditore, nel totale silenzio delle associazioni d’impresa, pensa di poter avere mano libera tra pochi mesi al termine del blocco dei licenziamenti, – continua Pizzolla – troverà la risposta di tutta la società civile per evitare che le aziende si riorganizzino attraverso i licenziamenti, anziché utilizzare gli strumenti esistenti per rilanciare l’impresa tutelando al tempo stesso l’occupazione”.

Le imprese non possono avere a cuore solo il profitto, ma hanno anche un ruolo sociale sancito dalla stessa Costituzione italiana, dove la libertà d’impresa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Queste crisi aziendali non possono lasciare indifferenti le Associazioni d’impresa, non solo perché sono firmatarie del Patto per il lavoro, ma perché la chiusura di ogni singola impresa, crea a cascata un problema su tutto il sistema industriale del territorio e quindi penalizza, in modo diretto ed indiretto, anche tutte le loro associate.

“Il territorio di Modena – continua il segretario confederale Cgil – non può essere un terreno di conquiste di avidi speculatori, ma è un territorio che ha competenze, professionalità e infrastrutture per permettere a queste imprese di dare continuità produttiva e occupazionale, in coerenza con la storia di una comunità che ha saputo coniugare sviluppo industriale e coesione sociale. Comportamenti diversi da parte delle imprese sono un graffio per la storia della provincia di Modena che grazie all’impegno di tutti, è passata da una delle province più povere nell’immediato dopoguerra, a una realtà tra le più ricche e virtuose dei giorni d’oggi”.
“Sia per le tre vertenze in questione, ma anche in previsione dell’uscita dal blocco dei licenziamenti – spiega Pizzolla – chiediamo a tutti i soggetti coinvolti di rientrare dentro logiche che permettano di risolvere i problemi senza scaricarli sui lavoratori, ma assumendo la continuità produttiva e occupazionale sul territorio come una priorità. Se ciò non avvenisse anche nel territorio modenese è a rischio la coesione sociale con un inevitabile aumento della conflittualità”.
La Cgil di Modena conferma il NO a licenziamenti unilaterali e metterà in campo ogni azione utile per contrastarli.
La Cgil chiede a tutta la società civile di fare quadrato intorno a quelle crisi aziendali che vedono il territorio derubato del bene primario che è il lavoro, non solo come fonte di reddito, ma anche come espressione di dignità della persona.

“Anche per queste ragioni – conclude Cesare Pizzolla – la Cgil ritiene sbagliata la fine del blocco dei licenziamenti prima di aver fatto una vera riforma degli ammortizzatori sociali che devono essere in capo al singolo lavoratore e non vincolati alla tipologia contrattuale e/o alla dimensione aziendale in cui si lavora.
Inoltre vanno azzerati i contatori (la dotazione di ammortizzatori sociali a disposizione nel quinquennio precedente) per permettere di gestire eventuali crisi con tutti gli ammortizzatori a disposizione”.

 

Modena, 25/5/2021

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