24 Feb 2015
di Ciro Spagnulo
Con la sentenza n.1840/2015 il TAR del Lazio conferma che I reati commessi dal figlio possono pregiudicare la richiesta di cittadinanza del genitore. La sentenza rigetta il ricorso contro il diniego del Ministero dell’Interno alla concessione della cittadinanza italiana a un genitore convivente con il figlio pregiudicato per furto e spaccio di sostanze stupefacenti.
Il ricorrente ha lamentato la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto vari profili, sottolineando l’irragionevolezza e la contrarietà alla lettera della l. 91/1992 di un diniego motivato con riferimento a comportamenti non dell’istante ma di un suo congiunto, che devono invece ritenersi del tutto irrilevanti. “Infatti, l’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana è un atto individuale e le circostanze attinenti ad episodi relativi ai familiari non possono avere rilevanza ai fini della concessione dello status civitatis”. Lamentela, però, respinta dal Tribunale “perché la natura altamente discrezionale del provvedimento di concessione della cittadinanza italiana per naturalizzazione, infatti, fa sì che possano essere presi in considerazione dalla amministrazione per le sue determinazioni tutti gli aspetti, riguardanti l’istante, che possano essere indicativi della sua effettiva e piena integrazione. Il comportamento penalmente rilevante di familiari di primo grado, quale il figlio, quando si tratta di familiari conviventi, dunque può essere preso in considerazione al fine di motivare il diniego della cittadinanza italiana del padre, in quanto esso è un indice della integrazione del nucleo familiare nel quale l’istante vive. I due aspetti della convivenza e dello stretto grado di parentela sono infatti elementi significativi della sicura influenza svolta dal familiare, che abbia commesso reati, sull’istante e dunque possono essere legittimamente valorizzati dalla amministrazione ai fini di una motivazione di rigetto della cittadinanza italiana”.
Il ricorrente ha anche lamentato “lo sviamento di potere, la falsità dei presupposti di fatto e l’illogicità manifesta in quanto la decisione di non concedere la cittadinanza italiana al padre sembra piuttosto essere motivata dalla volontà di non consentire la regolarizzazione del figlio convivente e di permetterne l’espulsione”. Questa lamentela è stata dichiarata improcedibile. “Infatti, il provvedimento impugnato si fonda su di una doppia motivazione: una concernente la necessità di una valutazione complessiva del nucleo familiare al fine della concessione della cittadinanza, e l’altra secondo la quale il comportamento del congiunto dell’istante sarebbe rilevante ai fini della concessione della cittadinanza italiana ai fini della valutazione di opportunità tenuto conto degli effetti dell’ottenimento della cittadinanza sui familiari dell’istante, i quali divengono inespellibili e possono ottenere il permesso per motivi familiari”.