IL FALLIMENTO DI TRITON: RIPRISTINARE MARE NOSTRUM

24 Feb 2015

 

 

di Vincenzo Intermite

 

Quando di tanto in tanto, in un inaspettato lampo di lucidità, qualche governo italiano riesce a fare qualcosa di buono, viene, in tempi brevi, insensatamente eliminato. È stato questo il caso dell’operazione Mare Nostrum con la quale, sulla scia delle spaventose tragedie dell’infausto ottobre 2013, sembrava si fosse finalmente superata la pratica di affrontare tragedie umane con i criteri elettoralistici della campagna elettorale e si adottassero invece iniziative improntate alla solidarietà e al rispetto dell’umana dignità. Ci siamo illusi: nel giro di poco più di una anno, in obbedienza ai soliti conati di stupida ignoranza mista a disumano egotismo dei Salvini, dei Maroni, dei Gasparri e di altre “cime” della politica italiana, Mare Nostrum è stato smantellato e sostituito con Triton, le cui finalità nulla hanno a che fare con la solidarietà e molto con la chiusura delle frontiere tanto cara alla Lega Nord e agli altri gruppi razzisti dell’estrema destra italiana.

Renzi oggi, per un classico meccanismo psicologico noto con il nome di “razionalizzazione”, difende l’indifendibile, sostenendo che invocare il ripristino di Mare Nostrum, come ha fatto l’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta, significhi strumentalizzare le vittime di Lampedusa, incappando così in un altro noto meccanismo psicologico che si chiama “proiezione”; sostiene, inoltre, che “il punto politico è risolvere il problema in Libia” adottando, questa volta un vecchio trucco della politica italiana: quella di rinviare i problemi “a monte” quando affrontarli a valle risulta poco fruttuoso.

In primo luogo, c’è poco da difendere Triton, se le sue finalità sono ben chiare: citiamo da una lettera inviata al Viminale da Klaus Rosler, direttore della divisione operativa di Frontex lo scorso dicembre riportata da “Il Fatto Quotidiano” del 12 febbraio 2015, nella quale egli afferma che le richieste di intervento della navi fuori “dall’area di operazione” per eventuali soccorsi “non sono coerenti con il piano operativo…non sono ritenute necessarie e convenienti sotto il profilo dei costi” e “in futuro non saranno prese in considerazione”; in secondo luogo, sarà pure vero che “il punto politico è la Libia”, ma la gente muore sulle coste italiane ed è soprattutto questa l’emergenza che va affrontata in maniera immediata, altro che “punti politici”: è come se, di fronte ad un grave incidente stradale io non prestassi soccorso perché il “punto politico” è l’intensità del traffico o la cattiva gestione delle autostrade.

La questione appare logica: ad una tragedia umanitaria si risponde con iniziative umanitarie, alla fuga dalla miseria, dalla disperazione, dalla guerra, dalla morte sociale si risponda con i soccorsi, l’empatia, la solidarietà, l’accoglienza: non c’è soluzione, finché i criteri saranno i freddi calcoli elettoralistici, finché si penserà che tanto questi disperati, voti non ne portano, la Lega Nord, sì.

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