10 Giu 2009
Di fronte al fenomeno dell’immigrazione “una risposta dettata dalle sole esigenze di ordine pubblico …risulta insufficiente”. Lo scrivono i vescovi italiani nel comunicato finale della loro 59^ assemblea annuale svoltasi dal 25 al 29 maggio nell’aula del Sinodo in Vaticano. “Due azioni convergenti sembrano irrinunciabili”, scrivono ancora i vescovi, “La prima consiste nell’ impedire che i figli di Paesi poveri siano costretti ad abbandonare la loro terra…”, problema che “esige di riprendere e incrementare le politiche di aiuto verso i Paesi maggiormente svantaggiati”. La seconda risposta “sta nel favorire l’effettiva integrazione di quanti giungono dall’Estero”.
Dal comunicato si apprende ancora che la Conferenza Episcopale Italiana (Cei) ha deciso di dotarsi di un osservatorio nazionale specializzato per monitorare ed interpretare il fenomeno e che ha chiesto alle parrocchie “di diventare luogo di integrazione sociale”.
La Cei ha anche proceduto alla nomina dell’Arcivescovo di Capua, mons. Bruno Schetttino, a Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni.
Pubblichiamo di seguito la parte del documento dei vescovi dedicata al fenomeno dell’immigrazione.
L’immigrazione: ospitalità e legalità
“Sulla questione dell’immigrazione, che negli ultimi tempi ha suscitato ampi dibattiti, i Vescovi hanno concordato sul fatto che si tratta di un fenomeno assai complesso, che proprio per questo deve essere governato e non subìto. E’ peraltro evidente che una risposta dettata dalle sole esigenze di ordine pubblico -che è comunque necessario garantire in un corretto rapporto tra diritto e doveri- risulta insufficiente, se non ci si interroga sulle cause profonde di un simile fenomeno. Due azioni convergentii sembrano irrinunciabili. La prima consiste nell’impedire che i figli di Paesi poveri siano costretti ad abbandonare la loro terra, a costo di pericoli gravissimi, pur di trovare una speranza di vita. Tale problema esige di riprendere e incrementare le politiche di aiuto verso i Paesi maggiormente svantaggiati. La seconda risposta sta nel favorire l’effettiva integrazione di quanti giungono dall’estero, evitando il formarsi di gruppi chiusi e preparando ‘patti di cittadinanza’ che definiscano i rapporti e trasformino questa drammatica emergenza in un’opportunità per tutti. Ciò è possibile se si tiene conto della tradizionale disponibilità degli italiani -memori del loro passato di migranti- ad accogliere l’altro e ad integrarlo nel tessuto sociale. Suonerebbe infatti retoricol’elogio di una società multietnica, multiculturale e multireligiosa, se non si accompagnasse con la cura di educare a questa nuova condizione, che non è più di omogeneità e che richiede obiettivamente una maturità culturale e spirituale. In questa logica, è stato suggerito di dotarsi di un osservatorio nazionale specializzato per monitorare ed interpretare questo fenomeno, e si è chiesto alle parrocchie, all’interno del loro precipuo compito di evangelizzazione, di diventare luogo di integrazione sociale”.