IL FALLIMENTO DELLA POLITICA DI IMMIGRAZIONE DEL GOVERNO ITALIANO IN ITALIA E IN EUROPA

14 Apr 2011

Ospitiamo volentieri un intervento di Luciano Vecchi, Consigliere regionale del PD dell’Emilia-Romagna

 

 

IL FALLIMENTO DELLA POLITICA DI IMMIGRAZIONE DEL GOVERNO ITALIANO

IN ITALIA E IN EUROPA

 

di Luciano Vecchi

 

 

Credo utile esplicitare alcune informazioni e valutazioni sul tema della gestione dei flussi migratori e di rifugiati in atto dal Nordafrica e sul disastroso atteggiamento del Governo italiano nei confronti di esso e dell’Unione Europea.

 

Alla base della drammatizzazione della situazione attuale (molto più limitata – almeno per ora – di precedenti che hanno riguardato negli anni scorsi la stessa Italia e, soprattutto, altri paesi europei) vi è la scelta “ideologica” della compagine di governo di centrodestra (PDL-LEGA) di cercare di trarne beneficio elettorale.

 

Al lato della vicenda migratoria vi è il fatto che il Governo italiano è l’unico in Europa a dare un giudizio sostanzialmente negativo verso la spinta alla libertà e alla democrazia proveniente, in forme diverse, dall’insieme dei paesi arabi e mediterranei.

 

 

 

Crisi e processi in atto nel Mediterraneo: flussi migratori verso l’UE in provenienza dai Paesi della sponda sud e azione dell’Unione europea

 

 

Dall’inizio dell’anno i processi in atto nei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo e, successivamente, il conflitto in Libia, hanno prodotto movimenti di popolazione in tutta l’area e verso l’Europa.

 

Secondo la commissione europea e l’UNHCR circa 430.000 persone hanno lasciato la Libia in fuga dal conflitto trovando rifugio e accoglienza nei Paesi vicini, in particolare in Egitto e in Tunisia. Grazie allo sforzo delle autorità tunisine ed egiziane, con il sostegno dell’UNHCR e dell’UE molte di queste persone sono state rimpatriate, mentre restano alcune migliaia di cittadini in particolare del Bangladesh per i quali occorre trovare una soluzione.

 

Riguardo all’Italia, i migranti arrivati ad oggi sono circa 20.000 secondo i dati della Commissione europea, di Frontex e dell’UNHCR. I migranti provengono per la maggior parte dalla Tunisia e in misura minore dalla Libia o da altri Paesi della regione.

 

Cosa ha fatto l’Unione europea

 

 

La richiesta formale dell’Italia riguardo a un intervento dell’Unione europea è arrivata molto tardi, a metà febbraio, nonostante gli appelli a mezzo stampa. Il governo, diviso al suo interno, ha da subito preferito optare per la soluzione dei rimpatri collettivi ed ha quindi esitato a lungo nel richiedere sia un intervento di Frontex sia, a maggior ragione, l’attivazione della direttiva 55/2001 sulla protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di persone.

 

La Commissione europea, su richiesta formale dell’Italia ha disposto le seguenti misure:

  • attivazione di Frontex, che ha lanciato l’operazione congiunta HERMES per assistere l’Italia nel monitoraggio delle frontiere marittime, nel controllo delle imbarcazioni e nello screening a terra delle persone giunte per mare ai fini principalmente della loro di identificazione. Il ritardo nell’attivare i centri di accoglienza e soprattutto lo smistamento dei migranti sulla penisola ha reso le operazioni molto difficoltose.

  • attivazione di Europol, che ha inviato in Italia un team di esperti per sostenere le autorità di polizia nell’identificazione di possibili reti criminali all’interno dei flussi misti;

  • attivazione e sblocco di 25 M EUR, mobilitati dal Fondo Frontiere e dal Fondo Europeo per i Rifugiati, da allocare in base a richieste formali degli Stati membri. L’Italia ha richiesto, con ritardo, lo stanziamento dei fondi, poiché il loro utilizzo è sottoposto a condizioni precise riguardo alle procedure di frontiera e all’accoglienza dei richiedenti asilo.

 

Attivazione della direttiva 55/2001

 

Il Parlamento europeo ha proposto a febbraio l’attivazione della direttiva 55/2001 che definisce le condizioni per il rilascio della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di persone in fuga da guerre o da violazioni dei diritti fondamentali.

La direttiva è stata varata a ridosso della crisi del Kosovo per fare fronte in modo solidale a quel tipo di emergenze. Per attivarla è necessaria una proposta della Commissione al Consiglio, che ne definisca i requisiti materiali (sussistenza dell’afflusso massiccio e dei motivi di fuga) e che deve essere adottata dal Consiglio a maggioranza qualificata.

La direttiva contiene un meccanismo di solidarietà su base volontaria, in base al quale gli Stati membri, nell’adottare la decisione sulla protezione temporanea, possono indicare disponibilità numeriche di accoglienza delle persone in questione.

Il Parlamento europeo ha subito chiesto l’attivazione della direttiva, nel dibattito tenutosi in aula a febbraio. Il governo italiano, diviso al suo interno, non ha lavorato in seno al Consiglio per ottenere la maggioranza necessaria, né ha formalmente chiesto alla Commissione di attivare la direttiva, se non venerdì 8 aprile, in concomitanza con la decisione del governo italiano di attivare l’articolo 20 del Testo Unico sull’immigrazione, che prevede il rilascio di un permesso nazionale di protezione temporanea.

 

La Commissione europea ha sondato informalmente la disponibilità dei governi nazionali ad attivare la direttiva 55/2001, senza successo. In assenza di una maggioranza necessaria (solo Malta e Italia a favore), la Commissione ha ritenuto di non attivare la direttiva in questa fase, anche per la difficoltà di sostenere in modo inequivoco la sussistenza del requisito dell’afflusso massiccio e della fuga da guerre e violenze.

 

La protezione temporanea italiana e la libera circolazione nella zona Schengen

 

La decisione del governo italiano di concedere ai migranti giunti in questi mesi la protezione temporanea ai sensi dell’articolo 20 del Testo unico sull’immigrazione è stata accettata dalla Lega Nord con molta difficoltà.

In particolare, la decisione è stata accompagnata pubblicamente a mezzo stampa, per esigenze politiche, dalla motivazione che il permesso rilasciato avrebbe dato la possibilità ai migranti di circolare liberamente nella zona Schengen e quindi di lasciare l’Italia.

 

La reazione dei governi di Francia e Germania (pure di centro destra) è stata molto ferma nel senso di ribadire quanto sancito dal Codice Frontiere Schengen: il permesso di soggiorno italiano non dà automaticamente diritto ai migranti di varcare le frontiere e stabilirsi in un altro Paese membro. Le autorità nazionali possono verificare, in particolare, se la persona abbia un documento valido, i mezzi di sussistenza per tre mesi e non costituisca un pericolo per l’ordine pubblico.

 

La Commissione europea ha ribadito l’assenza di ogni automatismo in una lettera inviata venerdì 8 aprile al Ministro dell’Interno Maroni.

Al Consiglio dei Ministri GAI di oggi non si è registrata la maggioranza necessaria all’attivazione della direttiva 55/2001 e i ministri francese, tedesco e spagnolo hanno fortemente criticato la logica insita ella proposta italiana.

 

Come affermato dal PD in questi giorni, si registra il fallimento della politica di immigrazione del governo italiano in Italia e in Europa. Dopo avere per anni predicato la chiusura delle frontiere Schengen, avere introdotto il reato di immigrazione clandestina e avere praticato i respingimenti collettivi grazie all’accordo con la Libia, ora il governo italiano si trova a dover mendicare il sostegno dell’Europa, a dover disapplicare il reato di immigrazione clandestina e a dover effettuare quella che di fatto è una sanatoria, per provare a gestire l’accoglienza in modo efficace.

 

Una nuova politica di immigrazione e asilo dell’Unione europea

 

La gestione irresponsabile della crisi da parte del governo italiano non toglie l’evidenza della mancanza di una risposta politica forte dell’Unione europea nel suo insieme.

 

I processi in atto nel Mediterraneo richiedono un ripensamento strategico della politica di immigrazione e asilo, mettendo il tema della mobilità condivisa nel quadro di nuovi partenariati politici con i Paesi di origine e transito dei flussi migratori.

 

La politica di ingresso e riammissione non può più essere pensata in modo unilaterale, ma va negoziata in forma di partenariati di mobilità concordati con i Paesi della sponda Sud, che rispondano a esigenze di entrambe le parti, facilitino l’ingresso regolare per lavoro e la migrazione circolare, in un processo dove i migranti da un lato, e le seconde generazioni residenti nell’UE dall’altro diventano attori di sviluppo, portatori di responsabilità, ma anche di diritti.

La portabilità dei diritti (diritti fondamentali, diritti sociali e previdenziali, equipollenza dei titoli di studio, diritti di cittadinanza), il ruolo delle rimesse, possono essere parte di una nuova politica europea per l’immigrazione, che tenga insieme in questo quadro anche la riammissione degli irregolari e la lotta al traffico di esseri umani.

 

Il valore aggiunto politico dell’azione dell’Unione può esplicarsi nel rapporto con i Paesi di origine e transito e nella definizione di misure legislative a sostegno di questo nuovo quadro.

 

La Commissione ha avviato già un dialogo strutturato con Egitto e Tunisia, nel quadro di un partenariato per l’immigrazione, la mobilità e la sicurezza e si sta quindi muovendo su questa linea.

La commissaria Malmström ha avanzato alcune già proposte concrete per il breve e medio termine al Consiglio dei Ministri GAI di lunedì 11 aprile e presenterà un pacchetto di misure al consiglio GAI di giugno, sulle quali il Parlamento Europeo può attivarsi nei prossimi mesi, a partire dalla prevista comunicazione su un approccio globale all’immigrazione, che uscirà a maggio.

 

La destra al governo dell’Europa

 

L’inesistenza di una reale politica europea sul tema delle migrazioni è il frutto amaro di un continente dominato oggi da governi di centro-destra.

 

Diverso è stato, negli anni passati, l’atteggiamento della maggioranza dei governi e delle forze di centro-sinistra che hanno sempre chiesto un approccio comune europeo nella gestione dei flussi migratori.

 

Lo scorso 5 marzo i leaders dei partiti del centro-sinistra europeo (per l’Italia Pierluigi Bersani), riuniti ad Atene, hanno approvato all’unanimità una risoluzione sulla situazione nel Nordafrica, nella quale, tra l’altro, si dice “L’Unione Europea deve assumere un ruolo-chiave nella gestione dei flussi di migranti e rifugiati causati dall’eccezionale situazione nella maggior parte dei paesi della riva sud del Mediterraneo, con un approccio comune e uno spirito di solidarietà”. Quella solidarietà che per la destra e i populisti europei (italiani in testa) resta un concetto sconosciuto.

 

 

Il piano del PD per l’emergenza immigrazione

 

Di fronte all’emergenza immigrazione, per incapacità e per esigenze strumentali, il governo ha creato uno stato di confusione e di sbandamento creando tensioni mai viste neppure in situazioni più difficili di questa, che pure il nostro Paese ha saputo affrontare, come nel caso del Kosovo,
quando si registrarono circa 50mila arrivi.


Assumendosi le sue responsabilità di fronte al Paese, il Partito democratico ha presentato le sue proposte per uscire finalmente da una situazione insostenibile e affrontare l’emergenza.


Innanzitutto impegniamo il governo ad ottenere un accordo con la Tunisia, che preveda in particolare uno stop agli arrivi oltreché una gestione programmata dei rientri.


Secondo, chiediamo l’applicazione dell’articolo 20 del decreto legislativo 286 del 1998 (Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali), così da ottenere dall’Unione europea l’applicazione della direttiva 55 del 2001 relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e alla cooperazione in ambito comunitario, recepita dal decreto legislativo n.85 del 2003, che rende quindi possibile la circolazione europea e il tempo necessario per organizzare le operazioni di rimpatrio evitando problemi rilevanti di allarme sociale. Si tratta di una scelta ineludibile per garantire la sicurezza e dare certezza a tutto percorso.

Terzo, sulla base dei precedenti punti, chiediamo al governo di abbandonare la strategia delle tendopoli che stanno già creando tensioni ingestibili. In accordo con le Regioni, gli Enti locali e in collaborazione con le associazioni di volontariato e la Protezione civile, si organizzi l’accoglienza in modo diffuso sul territorio.


Il Partito democratico, in tutti i suoi luoghi di responsabilità, è pronto sulla base di questo piano ad un impegno convinto per uscire dall’emergenza.


Ciò presuppone una radicale correzione da parte del governo dell’impostazione assunta fin qui. In assenza di questa correzione, il governo si assumerà pienamente una grave responsabilità.


Infine, il Partito democratico esprime una vivissima preoccupazione per la totale assenza del governo sullo scenario del Mediterraneo, che è di fronte ad una evoluzione i cui effetti non sono ancora prevedibili. L’Italia chieda la convocazione urgente di una Conferenza sul Mediterraneo per determinare una visione comune e comuni linee di intervento.

 

 

 

 

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