Modena, 3 dicembre 2014
All’indomani del voto alla Camera che approva il cosiddetto Jobs Act, la proposta di legge che dovrebbe riformare le regole del lavoro per favorirne la crescita e la regolarità, si presenta in Cgil Antonio.
Un lavoratore trentacinquenne che vive nella Bassa e che da quasi 10 anni fa il precario come autista, insieme ad altri colleghi, in una ditta di autotrasporto e che ci chiedeva se, finalmente, si potevano risolvere le sue condizioni di precarietà, chiaramente irregolari, alla luce delle nuove norme annunciate.
Alla Cgil gli abbiamo spiegato le tante incertezze ed i limiti della “Legge delega sul Lavoro” in materia di probabili tutele crescenti, possibili demansionamenti e future forme di precariato, promettendogli una possibile tutela vertenziale e dandogli appuntamento per il prossimo sciopero generale del 12 dicembre.
La storia di Antonio è emblematica e ben riassume la vita precaria – insieme al lavoro – di migliaia di lavoratori modenesi.
Comincia quando nel lontano 2005 trova un lavoro presso una impresa mirandolese di autonoleggio con conducente, ed il titolare lo convince “in nome della crescita dell’azienda e per pagare meno contributi” a partire con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co).
Nessun vincolo orario nel lavoro, anche 12 ore giornaliere, e pagato però solo sulla base dei km percorsi, con rari riposi settimanali nel nome del bisogno della ditta.
Qui la prima truffa. Antonio pagato a km, senza considerare perciò tutte le ore di sosta coi clienti, il carico e scarico, mentre l’impresa fatturava “regolarmente” l’intero costo del servizio con le ore di attesa, pasti e costi vari.
In nome della “flessibilità” Antonio riceve con insistenti sms serali, i servizi e gli spostamenti da fare, gli anticipi, i posticipi, le aggiunte e gli annullamenti.
Il suo salario da co.co.co. raggiungeva i 1.200 euro al mese, ma senza riconoscimento di malattie, tredicesima e liquidazione, come da contratto !
Per poter continuare a lavorare, tre anni dopo, fu costretto a firmare un bel ” contratto a progetto“, con meno diritti per lui e benefici certi per il titolare.
E dopo tre anni ancora, fu la volta del “contratto di associato in partecipazione” potendo così “associare” fino a 6 lavoratori, nascondendo e truccando il palese lavoro subordinato. Una pratica questa che vede i dipendenti “costretti” a farsi soci in partecipazione, diffusa e praticata nel settore “caldo” dell’autotrasporto, soprattutto nei nostri territori coinvolgendo le imprese di courier che appaltano a società nate ad hoc – Srl o false coop – con conseguente sfruttamento dei lavoratori e aggiramento dei contratti nazionali di lavoro.
Antonio ed i suoi colleghi pagavano tasse come “liberi professionisti” mentre l’impresa intascava, truffando parecchie decine di migliaia di euro al fisco e all’Inps.
Il giocattolo truffaldino che girava a spese e sulle spalle di quei lavoratori si inceppò, temporaneamente, con l’opportuno intervento della Guardia di Finanza e con una pesante ammenda di 350.000 euro all’azienda, per palese truffa fiscale e contributiva.
La causa giudiziaria, ancora aperta ed in attesa di sentenza, rischia la prescrizione, ma nel frattempo l’impresa continua a stipulare contratti e rapporti di lavoro non dissimili.
Titolari della ditta non proprio “eroi“, così come quel 53% in Emilia Romagna che diventa 64% nella provincia modenese, che ai più recenti controlli ispettivi in aziende sulla regolarità del lavoro, risultano pesantemente sanzionati e/o denunciati per lavoro nero, truffa fiscale e contributiva.
Ma di questo ne riparleremo più approfonditamente.
Franco Zavatti, Cgil Modena-coordinatore legalità e sicurezza Cgil regionale
Giulia Grandi, segretario sindacato trasporti Filt/Cgil Modena