14 Lug 2009
Il primo luglio scorso ottantadue persone sono state respinte in Libia dalla marina militare italiana. La maggior parte di loro era di nazionalità eritrea, a molti le Nazioni Unite avevano già riconosciuto lo status di rifugiati, c’erano almeno nove donne e tre bambini e nel corso del “respingimento” avrebbero subito maltrattamenti dai militari italiani, oltre a non ricevere le cure mediche richieste. È quanto denunciano l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e il Centro italiano per i Rifugiati (Cir), che hanno raccolto le testimonianze delle persone respinte.
In base a quanto riportato durante i colloqui – secondo quanto comunica l’Unhcr – non risulta che le autorità italiane a bordo della nave abbiano cercato di stabilire la nazionalità delle persone o i motivi della loro fuga dai paesi d’origine.
Unhc e Cir denunciano anche l’uso della forza da parte dei militari italiani. In base a testimonianze citate dai due organismi, sei eritrei avrebbero avuto necessità di cure mediche in seguito ai maltrattamenti. Inoltre, prosegue l’Unhcr, gli stessi individui affermano che i loro effetti personali, fra i quali documenti di vitale importanza, sarebbero stati confiscati dai militari italiani durante le operazioni e non più riconsegnati.
Uno dei rifugiati, dichiara il direttore del Cir Christopher Hein, “ha addirittura riportato ferite alla testa provocate da bastoni elettrici, documentate anche fotograficamente”.
Le persone ascoltate hanno riferito all’Unhcr – riferisce la stessa agenzia Onu – di aver trascorso quattro giorni in mare prima di essere intercettate e di non aver ricevuto cibo dai militari italiani durante l’operazione durata circa 12 ore.
L’Unhcr ha inviato una lettera al governo italiano chiedendo chiarimenti sulla vicenda e il rispetto della normativa internazionale.
“La politica di respingimento di rifugiati e richiedenti asilo verso la Libia deve subito cessare. Non è tollerabile che il Canale di Sicilia diventi una zona franca in cui nessuna legge è rispettata”, ha dichiarato Hein. (rassegna.it, 14.07.2009)